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La pulizia di un impianto di aria climatizzata

Il condizionatore d’aria è un tipo di dispositivo cui oggi facciamo veramente fatica a pensare di poter rinunciare, dato che è praticamente indispensabile per offrire sollievo durante le calde giornate estive.

Come ogni cosa, affinchè questo possa funzionare sempre in maniera efficiente e soprattutto affinchè ci sia sempre la giusta salubrità dell’aria in casa, è importante fare la giusta manutenzione e pulirlo regolarmente.

Come vedremo a breve pulire il condizionatore, sia esso a parete o canalizzato, non è difficile e richiede soltanto un po’ di buona volontà da parte nostra.

Perché è importante pulire il condizionatore o impianto di climatizzazione canalizzata?

Pulire il condizionatore o impianto di climatizzazione canalizzata è importante per i motivi che seguono:

  • Garantire un funzionamento sempre efficiente del condizionatore. Un condizionatore pulito è in grado di raffreddare l’aria in modo più efficiente, evitando sprechi di energia.
  • Migliorare la qualità dell’aria. Un condizionatore pulito è in grado di distribuire aria pulita e salubre negli ambienti, aspetto molto importante soprattutto se in casa ci sono bambini e anziani.
  • Prevenire la proliferazione di batteri e germi. Un condizionatore sporco può essere un terreno fertile per la proliferazione di batteri e germi, che possono causare allergie e malattie respiratorie.

La pulizia del condizionatore a parete (split)

La pulizia del condizionatore a parete, il cosiddetto “split”, è un’operazione abbastanza semplice che può essere eseguita da chiunque.

Ecco i pocchi passaggi da effettuare:

  1. Spegnere il condizionatore e staccare la spina.
  2. Aprire il pannello e rimuovere i filtri dell’aria.
  3. Lavare i filtri dell’aria con acqua tiepida e sapone neutro o sgrassatore.
  4. Asciugare accuratamente i filtri.
  5. Reinserire i filtri nel condizionatore e richiudere il pannello.

Come vedi si tratta di una operazione semplice, che richiede soltanto un po’ di accortezza da parte tua e un po’ di manualità.

La pulizia del sistema di climatizzazione canalizzata

La pulizia del sistema di climatizzazione canalizzata è un’operazione più complessa che richiede l’intervento di un tecnico specializzato.

Il tecnico, infatti, dovrà accedere all’unità interna e all’unità esterna del condizionatore per pulire i filtri, le ventole e gli altri componenti interni.

Oltre alla pulizia dei filtri, è importante anche sanificare le griglie e le bocchette dell’aria del nostro impianto di aria condizionata canalizzata.

La sanificazione delle griglie e delle bocchette dell’aria è importante per eliminare i batteri e i germi che possono proliferare in questi punti.

Per sanificare le griglie e le bocchette dell’aria, il tecnico utilizzerà un prodotto disinfettante specifico per condizionatori.

Consigli specifici per la pulizia del condizionatore

Riportiamo di seguito ulteriori consigli per la pulizia del condizionatore o impianto canalizzato, in modo da adoperare sempre le buone pratiche che consentono di evitare qualsiasi problema legato a questi piccoli interventi di pulizia:

  • Utilizzare prodotti specifici per la pulizia dei condizionatori. Questi prodotti sono formulati appositamente per eliminare la polvere, i residui e i batteri in modo sicuro e rapido, senza ossidare o rovinare le componenti.
  • Non utilizzare prodotti aggressivi come la candeggina o altri prodotti chimici. Questi prodotti possono danneggiare i filtri o i componenti del condizionatore.
  • Eseguire la pulizia in un ambiente ben ventilato. Ciò eviterà l’inalazione di sostanze nocive e sporcizia accumulata sui filtri.

Conclusione

Pulire il condizionatore è un’operazione semplice che può essere eseguita da chiunque abbia un po’ di manualità.

Ricordiamo che è importante pulire il condizionatore regolarmente, almeno una volta all’anno, per garantirne il normale funzionamento e la giusta salubrità dell’aria in casa.

Infine, se il condizionatore è molto sporco o se non si è sicuri di come pulirlo adeguatamente, è consigliabile il rivolgersi ad un tecnico specializzato.

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Arredamento sostenibile: perché è da preferire?

Quello dell’arredamento sostenibile è un concetto sempre più importante in questo periodo storico, soprattutto per coloro i quali cercano di creare ambienti (siano essi di lavoro o di casa) che possano essere ecologici e rispettosi dell’ambiente.

Le soluzioni a disposizione in tal senso sono tante, come vedremo di seguito, grazie anche a  tante innovazioni che hanno ultimamente interessato questo settore.

Tutto ciò concorre a rendere sempre più marginale l’impatto ambientale degli arredi sostenibili, con evidenti vantaggi per il mondo che ci circonda.

Materiali ecologici per l’arredamento

Ci sono davvero tanti materiali che possono essere utilizzati per creare mobili e oggetti d’arredo sostenibili. Tra questi possiamo citare il bambù, la canapa, il legno riciclato e i tessuti organici, giusto per fare alcuni esempi.

In particolare:

  • Il bambù è un materiale estremamente resistente e sostenibile, in quanto cresce rapidamente e non richiede molta acqua o pesticidi per la coltivazione.
  • La canapa è anch’essa un materiale ecologico, resistente e versatile, che può essere utilizzato per creare tessuti e oggetti d’arredo.
  • Il legno riciclato è un altro esempio di materiale sostenibile, dato che viene recuperato da vecchi mobili o da edifici demoliti. In questo modo, il legno viene riutilizzato, evitando così il taglio di nuovi alberi.
  • I tessuti organici sono realizzati con fibre naturali, come il cotone biologico, che sono coltivate senza l’utilizzo di pesticidi e insetticidi chimici.

Le innovazioni nel settore dell’arredamento sostenibile

In questi anni si è assistito ad una serie di interessanti novità per quanto riguarda l’arredamento sostenibile ed in particolare la possibilità di impiegare materiali innovativi, come il cartone.

Questo materiale viene utilizzato per creare mobili leggeri ma durevoli e soprattutto eco-friendly, con il grande vantaggio del poter essere facilmente spostati quando serve.

Il cartone, ed è questa una delle novità più interessanti, viene impiegato in modo creativo per dare froma a mobili in cartone funzionali come sedie, tavoli e armadi.

La sua versatilità e la facilità di lavorazione infatti, lo rendono un materiale ideale per questo scopo così come per la possibilità di effettuare eventuali personalizzazioni.

Impatto dell’arredamento sostenibile

L’arredamento sostenibile ha certamente un impatto positivo sull’ambiente e sulla salute delle persone. Adottare soluzioni di arredamento sostenibile, e dunque utilizzare materiali e processi produttivi che riducono l’impatto ambientale, significa ridurre il consumo di risorse naturali, limitare l’inquinamento e promuovere la sostenibilità.

Proprio quello che ha in mente chi tiene alla salvaguardia del pianeta e desidera adottare sempre soluzioni che rispettino l’ambiente e che non abbiano un impatto negativo sulla natura che ci circonda.

Tra l’altro, l’arredamento sostenibile ci consente di creare ambienti di lavoro o casalinghi certamente più salubri, grazie all’utilizzo di materie prime naturali e alla totale assenza di sostanze chimiche nocive.

Design orientato al futuro

Il design orientato al futuro è una naturale inclinazione (o vocazione) nel settore dell’arredamento sostenibile. Questo approccio si concentra infatti sull’utilizzo di materiali innovativi e sostenibili, sulla funzionalità e sull’estetica.

In base a questo principio si punta a creare oggetti d’arredo che siano in grado di soddisfare le esigenze delle persone, con un’attenzione particolare alla sostenibilità e alla riduzione dell’impatto ambientale senza mai rinunciare all’estetica ed alla bellezza.

In questo modo, si promuove uno stile di vita consapevole e responsabile, che tiene conto delle esigenze dell’ambiente e delle generazioni future.

Conclusioni

L’arredamento sostenibile rappresenta una scelta consapevole e responsabile per tutti coloro i quali cercano di creare ambienti di lavoro o di casa veramente “green” e rispettosi dell’ambiente.

Sono disponibili molti materiali ecologici e innovativi che possono essere utilizzati per creare mobili e oggetti d’arredo con un impatto ambientale davvero minimo e che consentono di promuovere uno stile di vita più consapevole.

Per questo motivo, quella dell’arredamento sostenibile è una scelta vantaggiosa per l’ambiente, per la salute delle persone e dunque per i consumatori stessi.

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Le paure che influiscono negativamente sulla vita degli anziani

Con l’avanzare dell’età e con la grande esperienza accumulata nel corso della vita, le persone tendono ad essere più sagge e consapevoli di ciò che li circonda.

Nonostante questo, gli anziani vivono una condizione particolare dato che, tipicamente, subentra in loro un senso di inquietitudine legato al futuro e determinate paure che nel corso della loro vita non avevano mai avuto prima.

Proprio queste paure sono in grado di limitare la persona in quello che fa, dunque esse incidono sulla quotidianità in maniera negativa impedendo agli anziani di poter vivere serenamente determinati momenti della giornata.

Vediamo di seguito quali potrebbero essere queste paure ed in che modo esse possono essere superate.

La paura di rimanere da soli

Quella della solitudine è una paura insita dell’uomo, e che diventa più marcata durante l’anzianità.

Complice anche una eventuale mobilità ridotta o acciacchi legati all’età infatti, gli anziani tendono a rimanere in casa spesso da soli.

Proprio questa solitudine è motivo di inquietitudine negli anziani, soprattutto quando essi rimangono da soli (dunque senza ricevere alcuna visita) per diversi giorni.

Il consiglio in questi casi, a meno che non ci sia una condizione di salute particolare, è quello di invitare le persone anziane a frequentare appositi circoli che propongano attività di socializzazione per anziani.

La paura di perdere l’indipendenza

Essere indipendenti è una condizione che si fa fatica a perdere pian piano nel tempo, sebbene diventi quasi inevitabile ad esempio quando ci sono problemi di mobilità.

Consideriamo infatti che arrivare in perfetta autonomia ad una certa età è certamente un pregio, ma si tratta di una ipotesi alquanto rara.

Di solito si presentano delle difficoltà fisiche che rendono più difficili determinati movimenti, il che incide notevolmente su determinate operazioni quotidiane che all’apparenza sono tra le più semplici, e questo può essere difficile da accettare.

Tutto dipende dal tipo di acciacchi che interessano la persona e quali attività gli sia impossibile fare in autonomia.

Ad ogni modo, come ad esempio il fare il bagno, determinate difficoltà possono essere superate mediante le apposite vasche con sportello per anziani, le quali possono essere adoperate autonomamente anche da chi ha problemi di mobilità.

La paura di perdere la lucidità mentale

Quella di perdere la lucidità mentale è una paura insita nell’uomo: non riuscire più a comprendere bene cosa accada intorno a sé è infatti motivo di preoccupazione per il futuro.

Con l’avanzare dell’età dunque, è normale non avere più una memoria elastica come prima o ad avere facoltà intellettuali intaccate.

Chiaramente si tratta di condizioni soggettive che sono legate sia al patrimonio genetico di ciascuno che alle abitudini quotidiane, che possono aver tenuto in esercizio la mente nel tempo.

In questo caso può essere utile fare degli specifici esercizi che aiutino a mantenere la mente e la memoria attive e “brillanti” nel tempo, sebbene tali buone abitudini vadano mantenute già con diversi anni di anticipo rispetto l’arrivo dell’anzianità.

In breve

Quella della terza età è una fase della vita certamente particolare, nella quale la persona ha bisogno di attenzioni e supporto, ma ciò non significa che le persone anziane debbano avere delle paure in grado di limitarne la qualità della vita.

Al contrario, ci sono tante cose che è possibile fare per aiutarli a vivere serenamente questa fase della vita e a superare le paure che tipicamente interessano le persone anziane.

Tutto sta alle capacità interiori della persona stessa, e chiaramente anche alla costanza di parenti o persone che assistono l’anziano, le quali hanno un notevole influsso e che possono aiutare ogni persona a migliorare la qualità della propria vita.

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Ogni quanti anni bisogna cambiare la caldaia?

Sebbene le caldaie a gas abbiano una vita lunga, non sono per sempre. Sicuramente ti sei chiesto più volte quando è il momento di pensare alla sostituzione caldaia, e la verità è che il momento esatto dipende dall’uso, dalla manutenzione, dalle condizioni dell’acqua e dal luogo in cui è installato il dispositivo.

Ogni quanto va cambiata la caldaia a gas?

La media per cambiare la caldaia è compresa tra 10 e 15 anni, un arco di tempo ragionevole. Se la tua caldaia ha più di 20 anni, è necessario apportare una modifica anche se ancora funziona correttamente.

Le riparazioni di questo tipo di caldaie non sono generalmente convenienti poiché le parti di ricambio non si trovano più in commercio e le modifiche alternative non sono durevoli nel tempo.

Se hai una caldaia che ha più di 15 anni dunque, probabilmente il suo funzionamento non è del tutto ottimale, e nemmeno la sua efficienza energetica.

Al contrario, se la tua caldaia ha più di 10 anni, rientra ancora nel range della sua vita utile, ma se il dispositivo presenta qualche tipo di guasto o anomalia, l’ideale sarebbe apportare una buona manutenzione.

Segnali che ti dicono che è ora di cambiare la tua caldaia a gas

Ecco alcuni dei motivi per cui dovresti eventualmente pensare di cambiare la tua caldaia a gas con una nuova. Ciò può essere dovuto a diversi motivi come guasti, risparmio energetico o a causa di nuove normative.

Per quel che riguarda i guasti:

  • Il calcare nell’acqua è il peggior nemico della tua caldaia e nel corso degli anni può causare più di un guasto.
  • Se la caldaia impiega molto tempo ad accendersi o non emette acqua calda, è segno che c’è un guasto nella caldaia.
  • Quando la caldaia fa dei rumori strani, non è normale; potrebbe essere un guasto che ci costringe a cambiare la caldaia.
  • Se ci sono perdite d’acqua, è possibile che si tratti di un guasto della valvola di sicurezza che dovrebbe essere sostituita. Se il problema persiste, si consiglia di sostituire la caldaia.

Per quel che riguarda il risparmio energetico:

Può darsi che l’efficienza energetica della caldaia sia bassa e non ce ne rendiamo conto. Questo vale soprattutto per le vecchie caldaie, che non garantiscono un adeguato livello di efficienza energetica.

Grazie al risparmio energetico, le nuove caldaie sul mercato hanno prestazioni più elevate e consentono di risparmiare sulla bolletta del gas grazie alla loro tecnologia. Ciò vale soprattutto per quelle a condensazione.

Per quel che riguarda le nuove normative:

Tieni conto delle nuove normative europee; la tua caldaia potrebbe non soddisfare i requisiti e dovresti per questo cambiarla. Le caldaie installate 10 anni fa o più non sono più consentite dall’Unione Europea a causa delle loro basse prestazioni e dell’elevata emissione di gas inquinanti, ad esempio.

I vantaggi di sostituire la tua caldaia a gas obsoleta con una nuova

Le caldaie a condensazione sono le più efficienti sul mercato, rispettano l’ambiente e garantiscono un minor consumo di gas contribuendo a rendere più leggera la bolletta.

In questo senso è preferibile sostituire la caldaia con una più nuova ed evoluta che garantisca una maggiore efficienza. Ecco di seguito alcuni vantaggi del far installare una nuova caldaia:

  • L’acqua si riscalda più rapidamente, così come i termosifoni
  • A medio termine, cambiare la tua vecchia caldaia sarà una decisione vantaggiosa poiché potresti risparmiare circa il 15% di energia.
  • Le nuove caldaie hanno meno emissioni di CO2, riducono il consumo di combustibili fossili e quindi l’ambiente è salvaguardato.
  • Grazie alla loro efficienza, le nuove caldaie sfruttano il calore che proviene dalla combustione stessa e lo convertono in energia.

Infine il periodo migliore per cambiare la caldaia è l’estate, poiché è questo il periodo in cui non è necessario accendere il riscaldamento e l’acqua calda non è necessaria come in inverno.

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Idee di design per un salone da parrucchiere che funzioni

Visitare un salone da parrucchiere o di bellezza è un must per le persone che si preoccupano del modo in cui appaiono o semplicemente che vogliono avere un bell’aspetto e rifarsi il look.

Le persone cercano infatti un ambiente familiare, accogliente e professionale quando desiderano eleggere un salone di bellezza come loro preferito.

Creare uno spazio sorprendente, attraente e accogliente attirerà senza dubbio più clienti e questi saranno più costanti e regolari nel frequentare il tuo locale, poiché molti giudicano la tua attività e professionalità in base alla loro prima impressione e all’immagine che il salone riesce a trasmettere.

Ecco allora alcuni consigli per rendere il tuo parrucchiere o salone di bellezza un luogo molto piacevole e accogliente per le tue clienti:

Attrezzature e mobili

Fai bene a scegliere mobili da parrucchiere o da salone di bellezza in modo appropriato. Scegli un tema e acquista di conseguenza i tuoi arredi e decorazioni in un negozio di forniture per parrucchieri, mantenendo quindi una sorta di continuità.

Puoi scegliere un unico tema o mescolare più concetti, facendo in modo che si leghino bene tra loro. Le opzioni variano dall’antico, al contemporaneo al moderno in ogni tipo di arredo, sia che si tratti di poltrone da parrucchiere, accessori per la zona dei lavelli o altro.

Aggiungi accessori come cuscini e vasi sui tavoli per creare uno splendido spazio interno, che possa apparire come familiare e sempre curato nei dettagli.

Assicurati che i tuoi mobili si completino a vicenda in termini di tema e stile. Ricorda che nella qualità e nel comfort dei tuoi mobili da parrucchiere dipende gran parte della soddisfazione dei tuoi clienti, poiché essi si sentiranno a loro agio e al sicuro proprio in funzione loro.

Pareti e soffitti

Definisci la decorazione ed il colore o le finiture delle pareti con largo anticipo, in quanto sono loro il “centro” dell’attenzione di chi osserva un locale. Puoi aggiungere colori, finiture e sagome legate al tuo brand e alla tua clientela.

Se essa è composta da uomini e donne, ti consigliamo di mescolare colori accesi e audaci. Per creare un tema antico, mescola i colori della terra e quelli metallici.

Aggiungi immagini o poster alle pareti per renderle più interessanti. Investi in accessori da barbiere particolari e ricercati da esporre sugli scaffali o direttamente da appendere al muro; ricorda inoltre che gli specchi creano l’illusione dello spazio.

Allo stesso modo, assicurati che i mobili che avrai prescelto seguano davvero la tua linea o il tuo stile, in modo che sia le poltrone da parrucchiere che le poltrone da shampoo (ed eventuali set per pedicure e manicure) appaiano come un concetto globale e omogeneo.

Le luci

Scegli delle luci di alta qualità, possibilmente di quelle a risparmio energetico, e sfrutta quanta più luce naturale ti è possibile. Se non puoi usare la luce naturale, massimizza quella artificiale in maniera intelligente.

Posiziona le lampade sulle aree di servizio per illuminare i capelli dei clienti: questo ti aiuterà a giudicare la consistenza ed il colore, oltre a dare eleganza ai mobili del tuo salone.

Spazio

Usa lo spazio in modo appropriato, è determinante nel conferire un aspetto adeguato al tuo salone da parrucchiere o spa. Allestire un’area reception ben definita con sedie e comodi divanetti per l’attesa è un’ottima idea, così come allestire un tavolino con eventuali riviste per creare un’atmosfera familiare.

Consigli finali

Ricorda di separare l’area in cui ci sono i parrucchieri e le poltrone da taglio dall’area in cui si effettuano i trattamenti di  bellezza in cui si trovano gli arredi per fare la pedicure e manicure.

Definisci ogni area e, se è necessaria più privacy, crea spazi appositi con tende o pareti removibili.

Assicurati che il salone non abbia aree in cui si crea folla o confusione e che i corridoi siano ben definiti. Utilizza infine uno spazio apposito per conservare gli strumenti di lavoro, in maniera ordinata e possibilmente nascosto agli sguardi.

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Quanto si risparmia con un depuratore d’acqua?

I moderni depuratori d’acqua sono degli strumenti sempre più in grado di rappresentare un valore aggiunto per il nostro benessere.

Essi sono infatti in grado di trattenere tutte le impurità e gli elementi nocivi presenti nell’acqua che arriva a noi tramite il rubinetto di casa, rendendola immediatamente potabile e regalandole un buon gusto.

C’è Inoltre da considerare un impatto non indifferente sull’ambiente: adoperando infatti l’acqua del rubinetto, evitiamo di andare a comprare le bottiglie in plastica del supermercato le quali inquinano l’ambiente e contribuiscono a liberare plastica sul territorio o nei nostri mari.

C’è sicuramente un altro aspetto da considerare quando si acquista un depuratore d’acqua, e non è certamente secondario. Parliamo Infatti del risparmio.

Risparmiare con un depuratore d’acqua

Vediamo adesso di approfondire l’aspetto economico e dunque comprendere effettivamente quanto si risparmia con un depuratore d’acqua. Prendiamo ad esempio una famiglia composta da quattro persone e consideriamo un fabbisogno giornaliero di 2 litri d’acqua a testa, dunque 8 litri d’acqua al giorno più eventuali 2 litri che vengono utilizzati per la preparazione di bevande quali the, e altre bevande o per la preparazione dei pasti. Dunque supponiamo un fabbisogno medio giornaliero di 10 litri d’acqua (uso alimentare) per una famiglia di 4 persone.

Allo stato attuale delle cose, un litro d’acqua minerale in bottiglia costa mediamente 0,15€, salvo particolari offerte. Ciò significa che la nostra famiglia tipo spenderà 1,50€ al giorno per l’approvvigionamento d’acqua uso alimentare, che moltiplicato per 365 giorni fa quasi 550€ in un anno.

E con il depuratore invece? Considera che ai prezzi attuali un metro cubo d’acqua costa circa 2,30€. E come è noto, un metro cubo contiene 1000 litri d’acqua. Dunque il costo di un litro d’acqua che esce dal rubinetto è presto fatto: 2,30€ / 1000 = 0,0023€.

In questo caso, volendo seguire lo stesso esempio, la nostra famiglia tipo spenderà esattamente 0,013€ al giorno per l’approvvigionamento d’acqua uso alimentare, che X 365 giorni fa quasi 1€.

Dunque la differenza è veramente netta ed emerge chiaramente tutta la convenienza del bere acqua direttamente dal rubinetto di casa anziché comprare la minerale al supermercato. Il risparmio è quantificabile dunque in circa 500€ l’anno per una famiglia di 4 persone, il che non è ovviamente un importo trascurabile ma al contrario una cifra sulla quale riflettere.

Se ti stai chiedendo dunque quanto si risparmia con un depuratore d’ acqua, i conti sono presto fatti e la convenienza appare essere evidente.

Altri vantaggi legati al depuratore d’acqua

Chiaramente i vantaggi non sono esclusivamente economici, ma come accennato anche pratici. Pensiamo dunque ai benefici per l’ambiente dal momento in cui non andiamo più a produrre della plastica per contenere le bottiglie.

Un altro aspetto che certamente non è secondario è quello legato alla comodità di approvvigionamento. Ottenere l’acqua necessaria per bere direttamente dal rubinetto di casa è chiaramente molto più conveniente rispetto il dover trasportare le pesanti bottiglie dal supermercato fino a casa.

Questa operazione tra l’altro va fatta piuttosto spesso soprattutto in Estate, quando si beve parecchio. Considerando che si riescono a trasportare un massimo di due o tre casse d’acqua alla volta, questa operazione non è certamente piacevole. Al contrario riuscire ad ottenere tutta l’acqua necessaria per bere dal rubinetto di casa diventa a tutti gli effetti una comodità soprattutto quando si è più avanti con gli anni.

Conclusione

Dunque i motivi legati all’adozione di un depuratore sono veramente tante e non riguardano esclusivamente la nostra salute, ma riguardano anche la comodità di accedere all’acqua da bere nonché il rispetto per l’ambente.

Ecco perché tante famiglie cercano informazioni sul depuratore acqua casa prezzi più adatto alle proprie necessità.

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In che modo la presenza di olio influisce sulla qualità dell’aria compressa?

Le aziende che operano in settori come quello alimentare e delle bevande, farmaceutico, cosmetico, manifatturiero ed elettronico, conoscono bene gli effetti negativi derivanti dalla presenza dell’olio nell’aria compressa sulla qualità del prodotto finale durante le fasi di produzione.

La contaminazione dei prodotti e la preoccupazione per la sicurezza dei consumatori associati alla presenza  di olio possono avere un forte impatto negativo sia a livello economico che commerciale per ogni tipo di azienda.

Tuttavia, l’olio presente nell’ambiente e che finisce nell’aria compressa spesso è trascurato e viene interpretato erroneamente come innocuo, sottovalutato o ignorato.

In questo articolo esamineremo l’effetto che i livelli di vapore dell’olio presenti nell’ambiente possono avere sulla qualità dell’aria compressa e cosa considerare quando si ha bisogno di un’aria compressa tecnicamente “oil-free”.

Il processo di compressione

Il processo di compressione, così come la portata ed il tempo, influenzano la quantità di olio nell’aria compressa che viaggia attraverso il sistema di produzione. Quest’aria si fa strada nelle apparecchiature di produzione, nella strumentazione, nei prodotti e nei materiali di imballaggio.

La compressione dell’aria, o pressurizzazione, può aumentare significativamente il volume dell’olio presente nel sistema. Maggiore è la pressione di esercizio, maggiore è il potenziale livello di olio nell’aria compressa.

Ciò è aggravato dalla portata e dal tempo di funzionamento. I compressori sono spesso progettati per funzionare continuamente: ciò significa che la concentrazione di olio continua a moltiplicarsi tra gli spazi ristretti del sistema di aria compressa, ed uscirà dal sistema solo nei punti in cui viene rilasciata l’aria.

Questi punti di uscita si trovano spesso in aree in cui l’aria compressa contaminata entra in contatto con il prodotto, le apparecchiature di produzione o la strumentazione. Quindi quelli che possono sembrare livelli trascurabili di idrocarburi e composti organici volatili nell’aria, possono diventare una delle principali preoccupazioni nel processo di produzione.

Ciò avviene sia con i compressori industriali usati che con i compressori di nuova generazione.

Effetti sulla qualità

Una volta all’interno del sistema di aria compressa, i vapori di olio si raffreddano e si condensano, mescolandosi con l’acqua presente nell’aria. Questa contaminazione causa numerosi problemi al sistema di stoccaggio e distribuzione dell’aria compressa, alle apparecchiature di produzione e al prodotto finale, portando a:

  • Processi produttivi inefficienti
  • Prodotto finale danneggiato
  • Bassa efficienza produttiva
  • Costi di manutenzione più elevati

Compressori oil-free

A causa dell’impatto finanziario e commerciale di un prodotto contaminato, molte aziende scoprono la necessità di poter usufruire di un compressore “oil-free”, senza sapere però che questo non basta per avere un’aria compressa veramente pulita.

I sistemi di aria compressa oil-free infatti, sono spesso installati senza apparecchiature di purificazione destinate a rimuovere l’olio (gli appositi filtri), poiché sono visti come accessori non necessari.

Sebbene sia vero che i compressori d’aria oil-free non presenteranno quantità d’olio nel modo in cui lo faranno quelli che invece ad olio vengono lubrificati, il vapore d’olio presente nell’aria ambiente non è fisso.

Considerazioni per aria tecnicamente oil-free

L’aria tecnicamente “oil-free”, secondo la norma ISO 8573-1 (norma internazionale per la purezza dell’aria compressa), Classe 0 o Classe 1, può essere garantita solo dalla corretta applicazione delle apparecchiature di depurazione.

Questi sistemi possono essere ad esempio i separatori d’acqua e filtri a coalescenza per rimuovere acqua e olio e particelle solide, nonché filtri ad adsorbimento per trattare il vapore d’olio.

Gli utenti che cercano una fonte di aria “oil-free” dovrebbero prendere in considerazione queste fasi di purificazione preventiva, sia che utilizzino compressori d’aria lubrificati che quelli oil-free.

Per stabilire la conformità con ISO8573-1 Classe 0 o Classe 1, gli standard internazionali che classificano il livello dell’olio nell’aria compressa, gli utenti devono eseguire degli appositi test per valutare la presenza di spruzzi e vapori d’olio nei loro sistemi.

I livelli di ciascuna fase saranno combinati per stabilire la quantità di olio totale presente nel sistema. Per i test, i campioni in ciascuna fase devono essere prelevati tramite un processo di estrazione con solvente e analizzati mediante la tecnica della gascromatografia.

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Clima: perchè l’Europa è impreparata al cambiamento?

In base alla valutazione dell’Agenzia europea dell’ambiente, l’Aea, i rischi climatici hanno già raggiunto livelli critici. E potrebbero diventare catastrofici in assenza di interventi urgenti e decisivi.
In Europa, i rischi legati ai cambiamenti climatici minacciano la sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche, la stabilità economica e la salute dei cittadini. 

Secondo i risultati della prima valutazione europea dei rischi climatici, l’European Climate Risk Assessment (Eucra), in Europa le politiche e gli interventi di adattamento non tengono il ritmo con la rapida evoluzione di questi rischi. “In molti casi – si legge nel rapporto -, un adattamento incrementale non sarà sufficiente. Inoltre, poiché numerose misure volte a migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici richiedono molto tempo, possono essere necessari interventi urgenti anche per rischi non ancora critici”.

Occorre agire tempestivamente

In alcune regioni d’Europa si concentrano rischi climatici multipli. L’Europa meridionale, ad esempio, è “particolarmente a rischio a causa degli incendi boschivi nonché degli effetti delle ondate di calore e della scarsità di acqua sulla produzione agricola, sul lavoro all’aria aperta e sulla salute umana. Le inondazioni, l’erosione e l’infiltrazione di acqua salata minacciano le regioni costiere europee a bassa quota, comprese molte città densamente popolate”.

Secondo Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Aea, “l’Europa si trova di fronte a rischi climatici urgenti che si acuiscono più rapidamente di quanto le nostre società riescano a prepararsi. Per garantirne la resilienza, i responsabili politici europei e nazionali devono agire immediatamente – aggiunge – sia mediante una rapida riduzione delle emissioni sia con l’attuazione di politiche e di interventi di adattamento forti”.

I 36 rischi principali

La valutazione dell’Aea individua in Europa 36 principali rischi climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi: ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza.
Quasi tutti i rischi nel gruppo ecosistemi, poiché presentano un elevato potenziale di ricaduta su altri settori, richiedono interventi urgenti. Soprattutto i rischi per gli ecosistemi marini e costieri.

I rischi dovuti a caldo eccessivo e siccità sono già a livello critico per la produzione agricola nell’Europa meridionale, ma il calore è il fattore di rischio climatico più grave anche per la salute.
Gli eventi meteorologici estremi più frequenti aumentano poi i rischi per le infrastrutture e i servizi critici (energia, acqua, trasporti). E numerosi rischi climatici interessano anche l’economia e il sistema finanziario.

L’importanza della cooperazione

Secondo l’Agenzia, “l’Ue e i relativi Stati membri hanno compiuto notevoli progressi nella comprensione dei rischi climatici e nella preparazione ad affrontare tali rischi. Tuttavia, la preparazione della società in generale è resa insufficiente dal ritardo nell’attuazione delle politiche rispetto al rapido aumento dei livelli di rischio”.

La valutazione dell’Aea, riferisce riporta Adnkronos, sottolinea che, “per affrontare e limitare i rischi climatici in Europa, l’Ue e gli Stati membri devono collaborare coinvolgendo anche i livelli regionali e locali laddove si rivelino necessari interventi urgenti e coordinati”.

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Economia

Il 2023 è stato l’anno dei droni: il settore vale 145 milioni di euro

Il 2023 sarà ricordato come l’anno dei droni. L’anno scorso, infatti, il mercato professionale dei droni in Italia ha raggiunto il valore di 145 milioni di euro, con un incremento del 23% rispetto al 2022.

Tale risultato conferma il consolidamento del settore, che può contare su 664 imprese attive. Non solo: l’81% degli operatori specializzati prevede un’ulteriore espansione del mercato nei prossimi tre anni. Già per il 2024 ci si attende una crescita a doppia cifra. 

1.471 casi applicativi di droni tra il 2019 e il 2023

A livello mondiale, nel periodo tra il 2019 e il 2023 sono stati registrati 1.471 casi applicativi di droni. Il 70% di tali casi rientra nel segmento delle “Aerial Operations” (droni di piccola e media taglia impiegati in settori tradizionali), mentre il restante 30% riguarda progetti di “Innovative Air Mobility & Delivery” (droni di maggiori dimensioni per il trasporto merci e persone). Nel primo segmento, le principali applicazioni riguardano ispezioni e sopralluoghi (44% dei progetti), sicurezza e sorveglianza (20%), con un notevole incremento del 186% nei casi operativi nel 2023.

Vertiporti e prospettive per il 2024

A livello globale, sono stati censiti 97 progetti di vertiporti destinati all’atterraggio e al decollo di aeromobili VTOL (Vertical Take-Off and Landing), di cui solo un terzo è in fase di prototipo, sviluppo o test (36%). Si stima che 16 di essi diventeranno operativi entro il 2024. In Italia si prevede la piena operatività del vertiporto di Roma e la costruzione di quello di Venezia.

Tutti e 15 gli aeroporti italiani coinvolti nell’indagine dell’Osservatorio sono favorevoli a mettere a disposizione le proprie infrastrutture per la realizzazione di vertiporti, con un terzo che ha già progetti in corso e un altro 13% che li attiverà entro i prossimi tre anni.

Aeromobili eVTOL: crescita del +530% rispetto al 2020

A livello mondiale, sono stati censiti 480 progetti di aeromobili eVTOL (electric Vertical Take-Off and Landing). Si tratta di una crescita impressionante: +530% rispetto al 2020. Solo il 13% di questi è in fase di produzione e vendita, mentre la maggior parte si trova in fase di prototipo (39%) o sviluppo concettuale (48%). Secondo l’AAM Reality Index, la maggior parte di questi aeromobili entrerà in servizio a partire dal 2024.

Ricerca dell’Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata del Politecnico di Milano

I risultati sono emersi dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata della School of Management del Politecnico di Milano. Marco Lovera, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, evidenzia che il settore sta attraversando un periodo di notevole fermento, con la maturità tecnologica, l’applicabilità delle normative EASA e la preparazione degli operatori a trasformare le sperimentazioni in servizi operativi, sia nei settori tradizionali che nella mobilità e nel trasporto.

Paola Olivares, direttrice dell’Osservatorio, sottolinea che il 2023 ha portato anche a una razionalizzazione del numero di imprese attive, concentrandosi sulle realtà più strutturate e innovative, ma le prospettive per il prossimo anno rimangono positive.

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Curiosità in numeri

Lombardia, buone notizie: aumentano le aree boschive tra collina e montagna

Secondo l’ultimo rapporto ERSAF dello Stato delle foreste lombarde 2022 l’andamento della superficie bosco è in continua espansione, ma con una presenza sbilanciata tra pianura, collina e montagna, e forti disparità di copertura tra superfici provinciali.
La superficie boscata nella regione nel decennio 2009-2018 è aumentata complessivamente del 2,7%, mentre la realizzazione di nuovi boschi ha coperto una superficie di 176 ettari ogni anno.

Nel 2022 la superficie forestale in Lombardia è di 619.726 ettari e ricopre il 26% del territorio regionale. Un patrimonio in grado di assorbire ogni anno 3 tonnellate e mezzo di anidride carbonica, la principale responsabile del surriscaldamento globale.

I Piani di Indirizzo Forestale 

Più nel dettaglio, la provincia con la maggiore superficie boscata è Brescia, con 171.469 ettari, mentre Como e Lecco sono quelle con il tasso di boscosità più alto.
Nelle foreste lombarde sono presenti ben 17 specie, a dimostrazione della grande biodiversità del territorio, e gli alberi più rappresentati sono castagni (11,3%), abeti rossi (11,1%), carpini neri (10,8%) e faggi (10,4%).

I Piani di Indirizzo Forestale (PIF) gestiscono il 73% della superficie boscata regionale, che corrisponde a 455 mila ettari. Nel 2020 sono stati approvati tre nuovi PIF, mentre sei sono i nuovi Piani di assestamento forestale (PAF) che hanno portato il totale dei PAF a 88.
Per il triennio 2021-2023 Regione Lombardia ha messo a disposizione delle Comunità Montane uno stanziamento complessivo di 13 milioni e mezzo di euro (4 milioni e mezzo di euro l’anno) a sostegno del sistema agricolo e forestale.

Nel 2022 collaudati 88,62 ettari di nuovi boschi

Nel 2022 gli Enti forestali hanno autorizzato 610 richieste di trasformazione del bosco per 108,97 ettari, mentre per quanto riguarda le nuove destinazioni d’uso del bosco, quella prevalente è l’utilizzo a fini agricoli, che rappresenta il 21,3% (16,17 ettari) della superficie complessivamente richiesta.

La normativa nazionale e regionale stabilisce che chi viene autorizzato a ‘trasformare’ un bosco per cambiarne la destinazione d’uso, deve realizzare interventi compensativi attraverso la creazione di nuovi boschi o il miglioramento di quelli esistenti.
Nel 2022 sono stati collaudati 88,62 ettari di nuovi boschi, il dato più alto dal 2015.

Gli incendi e l’infestazione da bostrico

A fronte di questi numeri, gli incendi registrati nel 2022 sono stati in numero decisamente superiore alla media regionale dell’ultimo decennio, complice l’andamento meteorologico particolarmente siccitoso.

La superficie media per evento, pari a 3,5 ha/incendio, è però decisamente al di sotto di quella del decennio. Quanto all’emergenza legata all’infestazione epidemica da bostrico, che colpisce l’abete rosso, prosegue nel 2022 e purtroppo risulta intensificata. Nelle valli con elevazione orografica inferiore, come la Valsabbia e la Valtrompia, la permanenza dell’abete rosso in purezza è da considerare ormai compromessa.

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Economia

Bollette: nel 2023 elettricità -34% e gas -27%

Tra luce e gas, lo scorso anno gli italiani hanno pagato, mediamente, 1.633 euro a famiglia. Erano 2.349 nel 2022. A parità di consumi, le famiglie italiane con un contratto di fornitura nel mercato tutelato hanno speso, in media, circa 770 euro per la bolletta della luce e 863 euro per quella del gas. Secondo l’analisi di Facile.it, rispettivamente, il 34% e il 27% in meno rispetto all’anno precedente.

“Nel 2023 abbiamo fatto i conti con bollette meno salate, con l’arrivo del 2024 assistiamo a buoni segnali sul fronte del costo delle materie prime, ma questo non significa che automaticamente le bollette caleranno”, spiega Mario Rasimelli, Managing Director Utilities di Facile.it.
 
In Sardegna la bolletta della luce è stata più salata

In quali regioni si è speso di più? Considerando la sola energia elettrica e analizzando i dati su base locale, emerge come la Sardegna sia stata la zona d’Italia dove le bollette sono state più pesanti. Nell’Isola il consumo medio a famiglia è stato di 2.835 kWh, che considerando le tariffe dello scorso anno in regime di tutela, corrisponde a un costo di 914 euro, ovvero il 18,7% in più rispetto alla media nazionale.

È bene ricordare che in molte parti della regione non è attivo il riscaldamento con gas di città, situazione che spesso viene compensata utilizzando dispositivi elettrici con conseguenti forti impatti sui consumi.

Bollette della luce più leggere in Liguria, Basilicata e Trentino-Alto Adige

Al secondo posto della graduatoria si posiziona la Sicilia, dove lo scorso anno sono stati messi a budget, mediamente, 825 euro a famiglia con un consumo medio rilevato di 2.557 kWh.

Chiude il podio il Veneto, area dove si sono spesi 814 euro (2.525 kWh).
Guardando la classifica dal lato opposto, invece, emerge come le aree in cui, a fronte di consumi elettrici più contenuti, le bollette sono state più leggere sono la Liguria (642 euro per un consumo di 1.991 kWh), la Basilicata (662 euro, 2.054 kWh) e il Trentino-Alto Adige (675 euro, 2.093 kWh).

L’andamento regionale della bolletta del gas

Anche per il gas le bollette variano a seconda dei consumi medi rilevati. Se nel 2023 sul fronte dell’elettricità gli abitanti del Trentino-Alto Adige sono stati tra i più fortunati, la situazione cambia per la fornitura di gas, dal momento che hanno pagato il conto più salato. Mediamente, 976 euro (a fronte di un consumo medio di 1.049 smc). Dati alla mano, il 13% in più di quanto rilevato a livello nazionale.

Seguono, a breve distanza, la Lombardia (968 euro con un consumo medio di 1.040 smc) e l’Emilia-Romagna (958 euro, 1.030 smc).
Le aree in cui, di contro, nel 2023 le bollette del gas sono state più leggere sono la Sicilia (598 euro, 643 smc), la Campania (609 euro, 654 smc) e il Lazio, dove la spesa per il gas è stata di 619 euro (665 smc).

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Curiosità in numeri

Acquisti on line: almeno due volte al mese, meglio se con consegna gratuita

Cosa desiderano i consumatori che effettuano acquisti sul web? Perché utilizzano questo canale piuttosto che il negozio fisico? E cosa invece non gradiscono dell’esperienza dello shopping on line? A queste e ad altre domande risponde il Global Consumer Trends Report di BigCommerce e Retail Dive, che rivela che il 39% delle persone intervistate in Europa, Nord America, Medio Oriente e Africa preferisce fare acquisti online. Solo il 21% dei riponfdenti, infatti, ha indicato il negozio fisico come modalità preferita.

L’exploit degli acquisti online nel 2023

Il 77% di chi compra on line ha aumentato o mantenuto il livello di spesa rispetto all’anno precedente nel 2023. Questo incremento è attribuibile principalmente alla convenienza e alla flessibilità degli acquisti online. Ma c’è di più: i consumatori si aspettano dalla rete sconti esclusivi e omaggi, diventati ormai elementi distintivi dell’esperienza di shopping digitale.

Con che frequenza si compra sul web? 

La maggioranza (76%) degli intervistati effettua acquisti online tramite siti web, app o social media almeno due volte al mese. Ma tra questi c’è un ragguardevole 49% che compie almeno un acquisto online a settimana. I settori nei quali si spende di più sul web sono abbigliamento e accessori (47%), salute e bellezza (40%), e ristoranti e generi alimentari (36%).

Acquisti su abbonamento

Per quanto riguarda gli acquisti su abbonamento, i generi alimentari sono in cima alla lista (30%), seguiti da intrattenimento (22%) e cosmetici/cura del corpo (21%). C’è poi una questione aperta sulla spedizione. Il 40% degli acquirenti se l’aspetta gratuita. Un dato in merito: il 26% dei rispondenti ammette di aver abbandonato il carrello proprio a causa delle spese di spedizione. Ma c’è anche un 35% di compratori che considera fastidiose le spese di reso.

Ricerche, confronti e modalità di pagamento

Gli acquirenti on line effettuano ricerche principalmente su dispositivi mobili (61%), seguiti da ricerche sul web (57%) e su marketplace (57%). Il 95% degli intervistati confronta i prezzi prima di effettuare un acquisto. Inoltre, il 23% ha utilizzato il metodo “Buy Now, Pay Later” (BNPL) al momento del checkout, evidenziando un crescente interesse in alternative di pagamento rispetto alle tradizionali carte di credito o debito.

Tendenze future

L’indagine sottolinea l’ascesa degli acquisti on line, con una crescente ricerca di nuove modalità di pagamento. Tuttavia, emergono sfide legate alle spese di spedizione e reso, suggerendo che i rivenditori dovranno bilanciare convenienza e servizi per mantenere la fiducia dei consumatori.

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Economia

Prestiti: nel 2023 domanda generale cauta. Corrono i finanziamenti personali

Il 2023 ha segnato una dinamica a singhiozzo per il mercato dei prestiti. I primi cinque mesi dell’anno sono stati in crescita, mentre nei mesi successivi ha seguito una frenata più o meno marcata.

Più in particolare, le forme tecniche della domanda di credito che hanno risentito maggiormente di questo andamento altalenante sono state le richieste dei finanziamenti finalizzati, per un calo -10,4%, mentre ha tenuto il comparto dei prestiti personali, che ha segnato un +18,9%.
Quanto al dato complessivo, malgrado tali discontinuità, le richieste si sono mantenute nel complesso stabili, con una crescita del +0,4% rispetto al 2022. Emerge di dati EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF.

Più attenzione ai criteri di accesso al credito

Il 2023 è stato l’anno della cautela, sia da parte delle famiglie, che hanno ridimensionato i progetti di spesa, sia dal punto di vista dell’offerta, “con una maggiore attenzione sui criteri di accesso al credito per via dell’incertezza generata dal contesto geopolitico, dall’inflazione e dall’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. Le previsioni dell’anno da poco iniziato mostrano che l’espansione delle consistenze di credito sarà inferiore rispetto alle performance del biennio 2021-2022, anche perché la maggiore rischiosità attesa manterrà caute le politiche di offerta. In questa direzione vanno le raccomandazioni degli organi di vigilanza che sollecitano gli operatori a mantenere alta l’attenzione sulla domanda di credito”.

L’importo medio ritorna a salire, ma le rate si diluiscono nel tempo

L’importo medio dei finanziamenti richiesti, dopo 3 anni negativi, ritorna a crescere del +4,0% e un valore di 8.427 euro.

La dinamica positiva coinvolge i prestiti finalizzati, con un valore pari a 5.862 euro (+2,5% rispetto al 2022), mentre i prestiti personali scendono a 11.759 euro (-3,8% vs 2022).
Entrando nel dettaglio della distribuzione dei prestiti per fascia di importo, il dato cumulato mostra come un italiano su due richieda importi inferiori a 5.000 euro (54,4% del totale), seguiti dagli scaglioni 10.000-20.000 euro (17,3%) e 5.000-10.000 euro (16,4%).

La domanda, seppur in prevalenza di piccoli importi, viene dilazionata su un arco temporale comunque superiore ai 5 anni per il 27,3% degli italiani.

Distribuzione delle richieste: il 63,4% nella fascia 25-54 anni

La dinamica prudente delle famiglie italiane si rispecchia anche nello spaccato delle due forme tecniche considerate.

Il 76,3% delle richieste di prestiti finalizzati ha un’estinzione del debito entro 3 anni, mentre i prestiti personali, che spesso rappresentano un impegno particolarmente gravoso per le famiglie, tendono a concentrarsi nella fascia di durata superiore a cinque anni (50,2%).
Quanto alla distribuzione delle richieste di prestiti (aggregato personali e finalizzati) in relazione all’età del richiedente, il Barometro CRIF evidenzia come nel 2023 la fascia compresa tra 25 e 54 anni sia stata quella maggioritaria, con una quota pari al 63,4% del totale.

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Statistiche

Agenda 2030: l’Italia e gli obiettivi ONU per lo Sviluppo Sostenibile

Quali sono le opinioni dei cittadini italiani rispetto alle priorità dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile? Il 19% pensa che tutti i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) dovrebbero avere pari dignità, mentre l’81% identifica alcune priorità, in parte legate alla specificità del momento.
Ad esempio, la lotta alla povertà (Goal 1) si colloca a metà della classifica (8° posto) tra le priorità percepite all’interno degli Obiettivi: il 17% degli italiani la indica tra le più rilevanti e il 5% la pone al primo posto. Anche l’obiettivo di sconfiggere la fame (Goal 2, 6°) è al primo posto per il 5% degli intervistati.

Se gli italiani mostrano una sempre maggiore consapevolezza e attenzione alla sostenibilità, i dati Ipsos pubblicati nel Rapporto ASviS 2023 registrano anche un crescente scetticismo riguardo all’effettiva volontà di costruire un mondo più sostenibile. Tanto che in cinque anni gli ‘scettici’ sono passati dal 13% al 22%.

Cambiamento climatico, lavoro e salute sul podio delle priorità  

Sul podio della classifica delle priorità salgano il Goal 3 (Salute e benessere, 3°), l’Obiettivo 8, relativo a lavoro dignitoso e crescita economica (2°), ma al 1° posto si posiziona il Goal 13, la lotta contro il cambiamento climatico, considerato l’obiettivo di sviluppo sostenibile più importante.
Il 28% della popolazione lo ritiene di massima urgenza, ed è una delle principali preoccupazioni avvertite sia a livello globale sia in Italia.

Ai piani alti della classifica, coerentemente con l’assoluta necessità di combattere il cambiamento climatico, si posizionano anche il Goal 15 (Vita sulla terra, 4°), seguito dal Goal 7, focalizzato su energia pulita e accessibile (5°).

Disuguaglianze e disparità di genere sono un po’ meno importanti

Quanto agli altri 17 SDGs se l’offerta di un’istruzione di qualità, equa e inclusiva (Goal 4), si colloca nella seconda metà della classifica (10°), la lotta alle disparità di genere (Goal 5) conquista solo il 12° posto.
Più rilevante sono considerati il sesto Obiettivo (Acqua pulita e servizi igienico-sanitari), al 7° posto, e il Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide), al 9°, con il 15% che lo indica tra gli obiettivi più importanti.

A sorpresa, la riduzione delle disuguaglianze (Goal 10) all’interno e fra i Paesi in Italia non è considerata una priorità.
Relegata all’11° posto della classifica dei 17 SDGs, è considerata una priorità solo per il 13% di coloro che sono a conoscenza dell’Agenda 2030.

La vita del mare è in fondo alla classifica

Nonostante sia indubbio che le città giocheranno un ruolo cruciale per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, il Goal 11 (Città e comunità sostenibili, è solo al 13° posto, seguito dal Goal 12 (Consumo e produzione responsabile, 14°), e dal Goal 9 (Imprese, innovazione e infrastrutture, 15°).

Il proposito di conservare e utilizzare in modo sostenibile le risorse del mare occupa la penultima posizione della classifica (Goal 14, Vita sott’acqua), mentre la costruzione di partnership (Goal 17, Partnership per gli obiettivi) è l’ultima delle priorità percepite: solo il 3% della popolazione la indica tra gli Obiettivi più rilevanti.

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Curiosità in numeri

Natale 2023: gli italiani aumentano la spesa per i regali (grazie all’inflazione?)

Per i regali di Natale quest’anno gli italiani progettano di spendere 223 euro, il 13% in più rispetto al 2022. A dare la spinta però è anche l’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione l’incremento di spesa si riduce al +6%.
Dopo un anno di alti e bassi per i consumi, il mese di dicembre dovrebbe chiudersi con il segno più. Complessivamente, nel 2023 si prevede un aumento del +1,2% per i consumi, a cui dovrebbe seguire una frenata pari allo 0,8% nel 2024.

È quanto emerge da una ricerca di Ipsos e Confesercenti. La spesa degli italiani per le feste è in crescita, anche se è l’inflazione a gonfiare i budget.

Cosa mettere sotto l’albero? 

Gli italiani che dichiarano di voler contenere la spesa per i regali natalizi sono il 43%, una quota in diminuzione rispetto al 47% dello scorso anno, ma ancora rilevante.
Nella Top 10 delle intenzioni di acquisto per i regali di questo Natale 2023 spiccano i capi d’abbigliamento (51%), seguiti da prodotti di profumeria (45%) e libri (44%). Ma anche giochi e giocattoli (38%), accessori di moda (33%), regali gastronomici (29%), prodotti tecnologici e regali di gioielleria, entrambi al 24%.

E ancora, arredamento e prodotti per la casa, calzature e videogiochi, tutti al 20%.
Il 10% degli italiani, invece, segnala l’intenzione di regalare un viaggio o una vacanza, un dato in ascesa rispetto al 7% del 2022.

Dove si comprano i regali?  

Sempre secondo l’indagine Ipsos condotta per Confesercenti, il retail fisico continua ad avere un ruolo centrale negli acquisti di Natale, ma per il 44% deli italiani le piattaforme sono diventate ormai indispensabili.

Crescono poi le indicazioni per i negozi monomarca delle grandi catene retail (33%, era il 29% nel 2022), ma anche per i negozi all’interno dei centri commerciali, che quest’anno raccolgono il 52% delle preferenze contro il 46% del Natale 2022.
In lieve flessione il canale dei supermercati e ipermercati, che scende al 24% delle indicazioni, e le attività di vicinato (20%).

Il canale online continua a essere il preferito

A sorpresa, si assiste a una crescita della preferenza per i negozi di quartiere da parte dei giovani con età compresa tra 18 e 34 anni. La quota passa infatti dal 20% del 2022 al 22% di quest’anno.
Il 14% dei giovani, invece, si rivolgerà a un mercatino per comprare almeno uno dei regali da mettere sotto l’albero.

È però l’e-commerce il canale d’acquisto che incontra la preferenza tra il maggior numero di persone. In particolare, è in crescita la vendita diretta via web, con la quota di chi acquisterà online direttamente dal sito del produttore che sale dal 21% al 23%.
Si consolida poi la prevalenza delle grandi piattaforme di e-commerce, alle quali intende rivolgersi il 68% degli intervistati (63% nel 2022).

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Eccellenze online

L’Europa è d’accordo sulla legge per regolamentare l’AI

Un regolamento, il primo del genere al mondo, per garantire che i sistemi di Intelligenza artificiale immessi sul mercato europeo, e utilizzati nella UE, siano sicuri e rispettino i diritti fondamentali e i valori dell’Unione. E, allo stesso tempo, stimolare gli investimenti e l’innovazione in Europa.

È la proposta di norme armonizzate sull’Intelligenza artificiale stilata dopo una maratona di negoziati durata tre giorni dal Consiglio UE e il Parlamento europeo.
L’idea principale alla base dell’accordo è regolamentare l’Intelligenza artificiale a seconda della sua capacità di causare danni alla società. Pertanto, l’approccio utilizzato dalle istituzioni europee è ‘basato sul rischio’, da quello minimo a quello inaccettabile. Maggiore è il rischio più severe sono le regole.

Sandbox normative per un’innovazione responsabile

Le sandbox normative faciliteranno l’innovazione responsabile e lo sviluppo di sistemi AI conformi. Se la stragrande maggioranza dei sistemi AI rientra nella categoria del rischio minimo (con beneficio di free-pass), quelli identificati ad alto rischio saranno tenuti a rispettare requisiti rigorosi.

Esempi di sistemi di AI ad alto rischio includono alcune infrastrutture critiche, come nei settori acqua/gas/elettricità, dispositivi medici, sistemi per determinare l’accesso alle istituzioni educative o per reclutare persone, alcuni sistemi utilizzati nei settori delle forze dell’ordine, controllo delle frontiere, amministrazione della giustizia e processi democratici.
Sono considerati ad alto rischio anche i sistemi di identificazione biometrica, categorizzazione e riconoscimento delle emozioni.

Le linee rosse

Il rischio inaccettabile riguarda i sistemi di AI considerati una chiara minaccia ai diritti fondamentali delle persone, e saranno vietati.
La blacklist include sistemi o applicazioni di AI che manipolano il comportamento umano per aggirare il libero arbitrio, sistemi che consentono il ‘punteggio sociale’ da parte di governi o aziende, e alcune applicazioni di polizia predittiva.

Alcuni utilizzi dei sistemi biometrici saranno vietati, ad esempio, il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro e alcuni sistemi per la categorizzazione delle persone, o il riconoscimento facciale in tempo reale in spazi accessibili al pubblico.
L’accordo della UE chiarisce gli obiettivi in cui tale uso è strettamente necessario ai fini dell’applicazione della legge, e per i quali le autorità dovrebbero essere eccezionalmente autorizzate a utilizzare tali sistemi.

Eccezioni e sistemi a rischi specifici

L’accordo prevede ulteriori garanzie, limitando le eccezioni ai casi di vittime di determinati reati, la prevenzione di minacce reali, presenti o prevedibili (es: attacchi terroristici), e la ricerca di persone sospettate di gravi crimini.
Vi è poi la categoria dei rischi specifici, quali le ormai famose chatbot.
Quando utilizzano le chatbot, gli utenti dovrebbero essere consapevoli che stanno interagendo con una macchina. Deepfake e altri contenuti generati dall’AI dovranno essere etichettati come tali.

Inoltre, i fornitori dovranno progettare sistemi in modo che i contenuti audio/video/testo/immagini sintetici siano contrassegnati e rilevabili come generati o manipolati artificialmente.
La legge sull’AI, riferisce Agi, non si applicherà ai sistemi utilizzati esclusivamente per scopi militari o di difesa, di ricerca e innovazione, o alle persone che utilizzano l’AI per motivi non professionali.