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Il 2023 è stato l’anno dei droni: il settore vale 145 milioni di euro

Il 2023 sarà ricordato come l’anno dei droni. L’anno scorso, infatti, il mercato professionale dei droni in Italia ha raggiunto il valore di 145 milioni di euro, con un incremento del 23% rispetto al 2022.

Tale risultato conferma il consolidamento del settore, che può contare su 664 imprese attive. Non solo: l’81% degli operatori specializzati prevede un’ulteriore espansione del mercato nei prossimi tre anni. Già per il 2024 ci si attende una crescita a doppia cifra. 

1.471 casi applicativi di droni tra il 2019 e il 2023

A livello mondiale, nel periodo tra il 2019 e il 2023 sono stati registrati 1.471 casi applicativi di droni. Il 70% di tali casi rientra nel segmento delle “Aerial Operations” (droni di piccola e media taglia impiegati in settori tradizionali), mentre il restante 30% riguarda progetti di “Innovative Air Mobility & Delivery” (droni di maggiori dimensioni per il trasporto merci e persone). Nel primo segmento, le principali applicazioni riguardano ispezioni e sopralluoghi (44% dei progetti), sicurezza e sorveglianza (20%), con un notevole incremento del 186% nei casi operativi nel 2023.

Vertiporti e prospettive per il 2024

A livello globale, sono stati censiti 97 progetti di vertiporti destinati all’atterraggio e al decollo di aeromobili VTOL (Vertical Take-Off and Landing), di cui solo un terzo è in fase di prototipo, sviluppo o test (36%). Si stima che 16 di essi diventeranno operativi entro il 2024. In Italia si prevede la piena operatività del vertiporto di Roma e la costruzione di quello di Venezia.

Tutti e 15 gli aeroporti italiani coinvolti nell’indagine dell’Osservatorio sono favorevoli a mettere a disposizione le proprie infrastrutture per la realizzazione di vertiporti, con un terzo che ha già progetti in corso e un altro 13% che li attiverà entro i prossimi tre anni.

Aeromobili eVTOL: crescita del +530% rispetto al 2020

A livello mondiale, sono stati censiti 480 progetti di aeromobili eVTOL (electric Vertical Take-Off and Landing). Si tratta di una crescita impressionante: +530% rispetto al 2020. Solo il 13% di questi è in fase di produzione e vendita, mentre la maggior parte si trova in fase di prototipo (39%) o sviluppo concettuale (48%). Secondo l’AAM Reality Index, la maggior parte di questi aeromobili entrerà in servizio a partire dal 2024.

Ricerca dell’Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata del Politecnico di Milano

I risultati sono emersi dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata della School of Management del Politecnico di Milano. Marco Lovera, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, evidenzia che il settore sta attraversando un periodo di notevole fermento, con la maturità tecnologica, l’applicabilità delle normative EASA e la preparazione degli operatori a trasformare le sperimentazioni in servizi operativi, sia nei settori tradizionali che nella mobilità e nel trasporto.

Paola Olivares, direttrice dell’Osservatorio, sottolinea che il 2023 ha portato anche a una razionalizzazione del numero di imprese attive, concentrandosi sulle realtà più strutturate e innovative, ma le prospettive per il prossimo anno rimangono positive.

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Bollette: nel 2023 elettricità -34% e gas -27%

Tra luce e gas, lo scorso anno gli italiani hanno pagato, mediamente, 1.633 euro a famiglia. Erano 2.349 nel 2022. A parità di consumi, le famiglie italiane con un contratto di fornitura nel mercato tutelato hanno speso, in media, circa 770 euro per la bolletta della luce e 863 euro per quella del gas. Secondo l’analisi di Facile.it, rispettivamente, il 34% e il 27% in meno rispetto all’anno precedente.

“Nel 2023 abbiamo fatto i conti con bollette meno salate, con l’arrivo del 2024 assistiamo a buoni segnali sul fronte del costo delle materie prime, ma questo non significa che automaticamente le bollette caleranno”, spiega Mario Rasimelli, Managing Director Utilities di Facile.it.
 
In Sardegna la bolletta della luce è stata più salata

In quali regioni si è speso di più? Considerando la sola energia elettrica e analizzando i dati su base locale, emerge come la Sardegna sia stata la zona d’Italia dove le bollette sono state più pesanti. Nell’Isola il consumo medio a famiglia è stato di 2.835 kWh, che considerando le tariffe dello scorso anno in regime di tutela, corrisponde a un costo di 914 euro, ovvero il 18,7% in più rispetto alla media nazionale.

È bene ricordare che in molte parti della regione non è attivo il riscaldamento con gas di città, situazione che spesso viene compensata utilizzando dispositivi elettrici con conseguenti forti impatti sui consumi.

Bollette della luce più leggere in Liguria, Basilicata e Trentino-Alto Adige

Al secondo posto della graduatoria si posiziona la Sicilia, dove lo scorso anno sono stati messi a budget, mediamente, 825 euro a famiglia con un consumo medio rilevato di 2.557 kWh.

Chiude il podio il Veneto, area dove si sono spesi 814 euro (2.525 kWh).
Guardando la classifica dal lato opposto, invece, emerge come le aree in cui, a fronte di consumi elettrici più contenuti, le bollette sono state più leggere sono la Liguria (642 euro per un consumo di 1.991 kWh), la Basilicata (662 euro, 2.054 kWh) e il Trentino-Alto Adige (675 euro, 2.093 kWh).

L’andamento regionale della bolletta del gas

Anche per il gas le bollette variano a seconda dei consumi medi rilevati. Se nel 2023 sul fronte dell’elettricità gli abitanti del Trentino-Alto Adige sono stati tra i più fortunati, la situazione cambia per la fornitura di gas, dal momento che hanno pagato il conto più salato. Mediamente, 976 euro (a fronte di un consumo medio di 1.049 smc). Dati alla mano, il 13% in più di quanto rilevato a livello nazionale.

Seguono, a breve distanza, la Lombardia (968 euro con un consumo medio di 1.040 smc) e l’Emilia-Romagna (958 euro, 1.030 smc).
Le aree in cui, di contro, nel 2023 le bollette del gas sono state più leggere sono la Sicilia (598 euro, 643 smc), la Campania (609 euro, 654 smc) e il Lazio, dove la spesa per il gas è stata di 619 euro (665 smc).

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Prestiti: nel 2023 domanda generale cauta. Corrono i finanziamenti personali

Il 2023 ha segnato una dinamica a singhiozzo per il mercato dei prestiti. I primi cinque mesi dell’anno sono stati in crescita, mentre nei mesi successivi ha seguito una frenata più o meno marcata.

Più in particolare, le forme tecniche della domanda di credito che hanno risentito maggiormente di questo andamento altalenante sono state le richieste dei finanziamenti finalizzati, per un calo -10,4%, mentre ha tenuto il comparto dei prestiti personali, che ha segnato un +18,9%.
Quanto al dato complessivo, malgrado tali discontinuità, le richieste si sono mantenute nel complesso stabili, con una crescita del +0,4% rispetto al 2022. Emerge di dati EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF.

Più attenzione ai criteri di accesso al credito

Il 2023 è stato l’anno della cautela, sia da parte delle famiglie, che hanno ridimensionato i progetti di spesa, sia dal punto di vista dell’offerta, “con una maggiore attenzione sui criteri di accesso al credito per via dell’incertezza generata dal contesto geopolitico, dall’inflazione e dall’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. Le previsioni dell’anno da poco iniziato mostrano che l’espansione delle consistenze di credito sarà inferiore rispetto alle performance del biennio 2021-2022, anche perché la maggiore rischiosità attesa manterrà caute le politiche di offerta. In questa direzione vanno le raccomandazioni degli organi di vigilanza che sollecitano gli operatori a mantenere alta l’attenzione sulla domanda di credito”.

L’importo medio ritorna a salire, ma le rate si diluiscono nel tempo

L’importo medio dei finanziamenti richiesti, dopo 3 anni negativi, ritorna a crescere del +4,0% e un valore di 8.427 euro.

La dinamica positiva coinvolge i prestiti finalizzati, con un valore pari a 5.862 euro (+2,5% rispetto al 2022), mentre i prestiti personali scendono a 11.759 euro (-3,8% vs 2022).
Entrando nel dettaglio della distribuzione dei prestiti per fascia di importo, il dato cumulato mostra come un italiano su due richieda importi inferiori a 5.000 euro (54,4% del totale), seguiti dagli scaglioni 10.000-20.000 euro (17,3%) e 5.000-10.000 euro (16,4%).

La domanda, seppur in prevalenza di piccoli importi, viene dilazionata su un arco temporale comunque superiore ai 5 anni per il 27,3% degli italiani.

Distribuzione delle richieste: il 63,4% nella fascia 25-54 anni

La dinamica prudente delle famiglie italiane si rispecchia anche nello spaccato delle due forme tecniche considerate.

Il 76,3% delle richieste di prestiti finalizzati ha un’estinzione del debito entro 3 anni, mentre i prestiti personali, che spesso rappresentano un impegno particolarmente gravoso per le famiglie, tendono a concentrarsi nella fascia di durata superiore a cinque anni (50,2%).
Quanto alla distribuzione delle richieste di prestiti (aggregato personali e finalizzati) in relazione all’età del richiedente, il Barometro CRIF evidenzia come nel 2023 la fascia compresa tra 25 e 54 anni sia stata quella maggioritaria, con una quota pari al 63,4% del totale.

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GenZ: poca consapevolezza finanziaria, ma l’80% sa gestire i soldi

È quanto emerge dall’indagine promossa da Esdebitami Retake e condotta da Nomisma sulle abitudini di spesa e la conoscenza delle dinamiche finanziarie dei giovani di età compresa tra 18 e 25 anni: la Generazione Z è poco ‘friendly’ con le nozioni di finanzia ed economia, ma l’80%di loro gestisce il denaro in maniera autonoma.

Si tratta di cifre che vanno dai 500 euro fino a oltre 2.000 euro. Eppure, uno su 5 non pensa a quanti soldi ha a disposizione prima di comprare qualcosa.
Insomma, i giovani della Gen Z mostrano di avere scarse conoscenze delle dinamiche economico finanziarie, entrate limitate e spese spesso elevate.
Ma il dato allarmante è che nel 12% dei casi ricavano guadagni da vincite a scommesse, giochi o lotterie.

Tra stipendio, regali, paghetta quanto “guadagnano” i giovanissimi?

Stando all’indagine, in 7 casi su 10 le entrate dei ragazzi non sopperiscono alle loro spese. A supportarle sono i genitori, che però ‘non sempre controllano’ le finanze dei figli.
Considerando la disponibilità finanziaria dei giovani appartenenti alla Gen Z emerge come negli ultimi 12 mesi 8 su 10 abbiano gestito denaro in autonomia, con un’entrata media mensile pari a 842 euro tra stipendio, paghetta e regali.
In particolare, il denaro a disposizione dei giovanissimi deriva da una combinazione di stipendio/proventi da un’attività lavorativa (57%), regali ricevuti (37%), somma fissa elargita dai genitori (32%) e somme di denaro date all’occorrenza (30%).

A pagare ci pensano mamma e papà

L’indagine rileva come nella fascia di età della Gen Z meno del 40% dei ragazzi abbia un’occupazione lavorativa più o meno stabile.
In generale, infatti, il supporto da parte della famiglia rimane elevato per la copertura delle spese mensili.

Il 62% di chi lavora e il 72% di chi non lavora non riesce infatti a far fronte alle spese, anche per una frequente difficoltà a gestire in modo consapevole l’equilibrio con le risorse disponibili.
Diverse, invece, le modalità di approccio alla spesa. Se il 42% dei giovani tra 18 e 22 anni valuta attentamente l’opportunità di fare o meno un acquisto in base alle proprie disponibilità finanziarie, la percentuale scede al 39% nel caso di ragazzi tra 23 e 25 anni.

Attenti a non superare il limite fissato per le spese! 

Un accorgimento usato frequentemente è quello di fissare un limite di spesa giornaliero o settimanale cercando di non superarlo (39% tra i 18-22enni e 42% 2tra chi ha 3-25 anni).
I dati dell’indagine, riporta Adnkronos, sono stati presentati in occasione dell’evento ‘GenZ e consapevolezza finanziaria tra digitale, tecnologia e new economy’, un’iniziativa promossa dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria del ministero dell’Economia e Finanza.

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Credito alle imprese: frena ancora la domanda, -4,2%

Nel secondo trimestre 2023 il numero di richieste di credito presentate dalle imprese italiane cala quasi del -5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, portando nel primo semestre il dato complessivo a -4,2%. La frenata riguarda sia le Società di capitali, che nel primo semestre hanno registrato un -3%, sia le Imprese individuali, per le quali la flessione è stata del -6,6%. Si tratta delle principali evidenze dell’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF. Dall’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF emerge che l’importo medio nel primo semestre 2023 è in crescita del +17,6% rispetto al pari periodo 2022, attestandosi a 141.581 euro, ma in rallentamento nel secondo trimestre (+8,3%).

Classe d’importo sotto cinquemila euro: 30,7% del totale delle richieste

Quanto alla distribuzione e al ranking per classe di importo, la fascia sotto i 5mila euro cresce di quasi 1 punto percentuale, e si attesta al 30,7% del totale delle richieste, aumentando leggermente il distacco dalla seconda classe di importo, quella oltre i 50mila euro, che al contempo perde l’1%, calando dal 29,2% al 28,2%. Per quanto riguarda le Imprese individuali, le richieste di credito hanno registrato un importo medio pari a 47.561 euro (+14,7% rispetto al corrispondente periodo 2022), con l’incidenza dello scaglione al di sotto dei 5mila euro, che raccoglie il 35,7% del totale.

Domanda di finanziamento in contrazione in 16 regioni su 20

Per quanto riguarda le Società di Capitali l’importo medio richiesto ammonta a 185.670 euro, segnando un incremento del +16,9% rispetto alla corrispondente rilevazione dell’anno scorso.
In dettaglio, il 33,3% delle richieste di questo segmento di imprese presenta un importo superiore ai 50mila euro. A livello regionale nel I semestre 2023 si registra un andamento ‘fotocopia’ di quanto accade a livello nazionale. Rispetto al 2022 infatti la domanda di finanziamento è in contrazione in 16 regioni su 20, con un’unica regione in crescita, ovvero la Sicilia (+3,5%).
Viceversa, l’importo medio cresce a doppia cifra in 14 regioni su 20. La variazione rimane invece più contenuta in Basilicata e Umbria, mentre si contrae per Trentino-Alto Adige, Molise e Calabria.

Il turismo soffre di più

Il settore del turismo, ristorazione e tempo libero è indubbiamente quello più colpito dagli effetti della pandemia e dei lockdown, anche dal punto di vista economico finanziario. Grazie però agli interventi governativi a supporto delle attività colpite il tasso di default, inteso come default pubblici e bancari, delle imprese del settore leisure è rimasto sui livelli minimi storici per l’intero periodo 2020-2021, con un valore intorno al 2,5%, rispetto a al 5%-6% pre-pandemia.
Tuttavia, a partire dal 2022, il tasso di default ha fatto segnare un progressivo incremento, fino ad attestarsi intorno al 4% già a fine 2022, caratterizzando il liesure come uno dei settori ad aumento di rischiosità creditizia in più rapida crescita.

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Prestiti personali: salgono i tassi, ma non le richieste

A maggio l’importo medio chiesto alle società di credito per un prestito personale è stato pari a 10.474 euro, valore in calo del 4% rispetto allo stesso mese del 2022. I tassi, invece, sono aumentati notevolmente, arrivando a +31% se confrontati con quelli di dodici mesi prima, quando per un prestito personale da 10.000 euro in 5 anni erano pari a 6,28%. A maggio 2023 il tasso medio online (Tan) è arrivato a 8,24%. Dall’osservatorio congiunto di Facile.it e Prestiti.it emerge però che nonostante l’aumento dei tassi di interesse gli italiani continuano a richiedere prestiti personali. Ma per far fronte all’aumento delle rate si orientano su importi più contenuti. 

I motivi delle richieste 

La prima motivazione per cui si chiede un prestito personale è l’esigenza di liquidità, finalità indicata a maggio 2023 dal 32% dei richiedenti. Seguono le richieste per l’acquisto di auto usate (16%) e per il consolidamento debiti (15%). In aumento anche le richieste di prestiti per le vacanze (+3%) e per spese mediche (+7%), mentre dopo il boom del 2022 calano quelle per i matrimoni (-7%).
“L’aumento del consolidamento debiti (+6%) racconta di una maggiore consapevolezza nel rapporto tra gli italiani e il mondo del credito al consumo – spiega Aligi Scotti, Bu Director prestiti di Facile.it -. Consolidare i debiti significa accorpare diversi prestiti sotto un unico finanziamento, semplificandone così la gestione, e in alcuni casi, riducendo i costi complessivi”.

Il profilo dei richiedenti

Chi ha presentato domanda di finanziamento ha in media 42 anni. E se gli under35 rappresentano un terzo dei richiedenti (33,5%) aumenta la quota degli over54, passata dal 16% al 19% del totale.
Analizzando le fasce anagrafiche emergono importanti differenze rispetto alle motivazioni per le quali ci si rivolge a una società di credito. Se gli under 26 sono la categoria che chiede più prestiti per l’acquisto di auto usate, formazione, viaggi/vacanze, i prestiti per i matrimoni sono richiesti in maggiore misura da chi ha un’età compresa tra 25-34 anni, mentre quelli per ristrutturare casa e per spese mediche sono più richiesti dagli over54. I prestiti per liquidità, che rappresentano la tipologia di prestito personale più diffusa in assoluto, sono più frequenti tra gli over45.

Differenze di genere

Sono ancora importanti le differenze tra uomini e donne. A presentare domanda di finanziamento nella maggior parte dei casi è un uomo (72%), anche se il campione femminile risulta in leggero aumento, passando in un anno dal 25% al 28% del totale. La differenza di genere emerge anche riguardo agli importi richiesti. Gli uomini puntano, in media, a ottenere prestiti personali di importo pari a 10.700 euro, il 10% in più rispetto a quanto chiesto dalle donne. Tra le ragioni che incidono su questa differenza anche una componente di natura reddituale: lo stipendio medio mensile dichiarato dagli uomini che hanno presentato domanda di finanziamento è pari a 2.155 euro, il 23% più alto rispetto a quello del campione femminile.

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Numero verde: perché è importante per le aziende?

Il numero verde aziendale è uno strumento sempre più diffuso nel mondo del business, che consente alle aziende di stabilire un contatto diretto e immediato con i propri clienti, offrendo loro un servizio personalizzato, professionale e di alta qualità. Il numero verde aiuta infatti le aziende a stabilire un rapporto di fiducia e di vicinanza con i propri clienti. Conquistare e fidelizzare i clienti è un obiettivo cruciale per garantire il successo e la crescita di un’azienda, ecco perché il numero verde è così importante nel rapporto con i clienti: contribuisce a migliorare la fidelizzazione e le vendite dell’azienda.

Un numero telefonico contrassegnato dal prefisso 800 o 803

Il numero verde aziendale è uno strumento che permette alle aziende di offrire ai propri clienti un modo semplice e gratuito per contattarle. Si tratta di un numero di telefono speciale, solitamente contrassegnato dal prefisso ‘800’ o ‘803’, a seconda delle caratteristiche del servizio, che i clienti possono chiamare senza pagare alcuna tariffa, indipendentemente dalla loro posizione geografica.
Attraverso il numero verde l’azienda può rispondere alle domande e ai bisogni dei propri clienti in modo diretto e immediato, costruendo così una relazione di fiducia reciproca. Inoltre, grazie al numero verde, l’azienda può offrire servizi di assistenza pre e post-vendita, come ad esempio la sostituzione di un prodotto difettoso, consolidando ulteriormente la relazione con il cliente.

I vantaggi per il servizio clienti

Se il servizio viene gestito in maniera costante e adeguata, l’utilizzo di un numero verde 800 si traduce in un importante aumento delle vendite: quando il cliente ha un’esperienza positiva è più probabile che acquisti nuovi prodotti o servizi dell’azienda. Ma l’acquisto di un numero verde comporta ulteriori vantaggi, tra cui maggiori accessibilità e disponibilità, e possibilità di personalizzazione del servizio.
L’attivazione di un numero verde consente inoltre di monitorare più efficientemente il servizio clienti. L’azienda può raccogliere informazioni sulle esigenze della clientela di riferimento, sui suoi bisogni e sulle sue aspettative, adeguando di conseguenza i servizi offerti.

Scegliere il provider, verificare le tariffe e controllare le opzioni incluse

Prima di acquistare un numero verde aziendale, occorre considerare alcuni fattori importanti per poter scegliere la migliore opzione disponibile. L’azienda ha la possibilità di affidarsi a un provider telefonico oppure a un provider di servizi cloud. Innanzitutto, verificare la professionalità del provider online, cercando feedback e recensioni degli utenti. E assicurarsi che sia in grado di offrire una soluzione flessibile, in modo da adattarsi alle esigenze aziendali in continua evoluzione, verificando le tariffe. Ovvero, accertandosi di non pagare più del dovuto per il servizio.
È importante anche controllare quali funzionalità sono incluse nella soluzione offerta, riferisce Adnkronos, come trasferimento o registrazione delle chiamate, o personalizzazione del messaggio di benvenuto.

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In un anno si dimezza la capacità di spesa degli italiani

In un anno la capacità di spesa degli italiani è più che dimezzata, scendendo al -54%, e il 26% delle famiglie teme di non arrivare alla fine del mese. Sono i dati che emergono dall’Osservatorio Changing World di Nomisma, che consente di interpretare e anticipare i cambiamenti sociali in corso e indagare aspettative, valori, bisogni e modelli di acquisto dei cittadini. Pandemia, conflitto russo-ucraino, impennata dei costi dell’energia e rialzo dell’inflazione sono i fattori che più recentemente hanno colpito ecosistemi economici, produttivi e sociali. Un clima di incertezza che si riflette direttamente anche sui consumatori, che iniziano ad avvertire in modo intenso la diminuzione del loro potere d’acquisto. Un dato confermato anche dall’ultima rilevazione Istat, che vede le vendite al dettaglio diminuire dello 0,8% in volume.

Tutto il guadagno va nelle spese strettamente necessarie 

Nell’ultimo anno l’88% delle famiglie ha adottato opportune strategie di risparmio per far fronte al rincaro dell’energia e all’aumento generale dei costi. Nonostante questo, il 14% degli intervistati ritiene di guadagnare meno di quanto avrebbe bisogno per sostenere le spese necessarie. Peraltro, il 25% delle famiglie si ritrova a spendere tutto quello che guadagna solo per far fronte alle spese strettamente necessarie, come utenze, imprevisti che riguardano la propria abitazione, alimentazione, senza potersi permettere altro.

Le prospettive per il futuro non sono migliori 

Solo un italiano su due spende meno di quello che guadagna, riuscendo così a risparmiare qualcosa senza dover fare troppe rinunce. E a guidare la ricerca del risparmio è soprattutto l’incertezza, che condiziona pesantemente questa fase del ciclo economico. Il 38% di chi risparmia lo fa proprio perché il futuro sembra essere troppo incerto, mentre il 23% mette soldi da parte per affrontare con tranquillità eventuali spese impreviste. Dai risultati della ricerca emerge che negli ultimi 12 mesi la capacità di risparmio sia diminuita o molto diminuita per il 54% degli italiani.

Nuove normalità in agguato

Ma guardando al futuro le prospettive non sembrano migliori. Non solo le famiglie temono di non riuscire a risparmiare, riporta Adnkronos, ma il 26% di esse teme di non riuscire ad arrivare alla fine del mese. E pensare al risparmio familiare o capire come poter risparmiare parte del reddito è motivo di ansia e stress per un italiano su due.
“L’attuale periodo storico e gli avvenimenti degli ultimi tre anni hanno modificato e continuano a modificare profondamente la quotidianità degli italiani – evidenzia Valentina Quaglietti di Nomisma -. Se da un lato abbiamo preso coscienza del fatto che si è delineato un new normal che nulla ha a che vedere con il pre-pandemia, dall’altro si è diffusa anche la consapevolezza che sarà sempre più ricorrente il verificarsi di nuove normalità”.

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In Italia decolla il mercato dei droni professionali: +20% in un anno

Dopo la battuta d’arresto dovuta alla pandemia, il mercato italiano dei droni professionali riprende quota. O meglio, decolla: nel 2022 ha raggiunto i 118 milioni di euro, con un incremento del 20% rispetto al 2021. Con queste performance, il comparto ritorna ai valori del 2019 (quando l’anno si era chiuso a 117 milioni di euro). Lo rivela la ricerca dell’Osservatorio Droni e Mobilità Aerea Avanzata della della School of Management del Politecnico di Milano. Si tratta di un valore di tutto rispetto, simile a quello di Germania e Portogallo e superiore ad altri sei Paesi europei, tra cui anche la Francia.

Imprese, droni, operatori 

Le imprese del settore in Italia sono 706, (in lieve calo rispetto alle 713 del 2021), mentre si contano quasi 60.000 droni registrati sul portale d-flight dal 2020 ad oggi (13.921 nel 2022), di cui il 92% per droni a uso ricreativo e solo l’8% per droni a uso professionale in imprese e PA. Gli operatori registrati e attivi in piattaforma a dicembre 2022 sono 87.007 (+34% rispetto al 2021). Buone notizie anche sul fronte delle autorizzazioni per voli BVLOS, condotti a una distanza che non consente al pilota remoto di rimanere in contatto visivo diretto e costante con il drone: ENAC ha autorizzato 27 sperimentazioni nel 2022, contro le 11 del 2021, segnale sulla volontà di investire in un ambito fondamentale per lo sviluppo del trasporto di merci e persone.

Le aspettative delle imprese

Delle 706 imprese attive nel mercato italiano nel 2022, l’81% è un operatore, l’8% un produttore di piattaforma, mentre il restante 11% si ripartisce tra distributori, produttori di software, integratori e produttori di payload. Nell’ultimo anno è notevolmente aumentata la consapevolezza verso i benefici che la tecnologia può offrire: solo il 14% delle imprese ha difficoltà nel comunicare i benefici della tecnologia nel rapporto con i clienti, nel 2019 era il 28%. Allo stesso modo, il 35% sostiene che i clienti abbiano scarsa conoscenza delle possibili applicazioni, contro la metà delle aziende di due anni. Inoltre, il 78% degli attori del settore reputa il mercato in forte crescita entro i prossimi 3 anni. E per il 60% il mercato dell’Advanced Air Mobility avrà uno sviluppo dirompente entro i prossimi 5 anni.

I droni piccoli e grandi

Nel segmento operativo dei piccoli droni si contano 823 casi applicativi a livello mondiale, di cui il 31% è in fase di sperimentazione, il 31% con un utilizzo una tantum, il 18% in fase operativa e il restante 20% dichiarazioni di intenti e interessi preliminari. Le principali applicazioni riguardano le ispezioni e i sopralluoghi (43% dei casi), la sicurezza e la sorveglianza (18%) e la ricerca e il soccorso (12%). Il segmento costituito da droni grandi conta 314 applicazioni, di cui l’82% riguarda il trasporto di merci con droni e il restante 18% il trasporto di persone. L’Italia è al secondo posto per numero di casi (9%), dopo gli Stati Uniti (25%), seguita dal Regno Unito (6%) e dall’Australia (5%). Anche nel mercato italiano stanno iniziando ad affacciarsi droni di dimensione molto importante (superiore ai 100kg di peso al decollo) utili per lo sviluppo di servizi in ottica di Advanced Air Mobility. Nel corso del 2022 sono stati registrati su d-flight 5 UAS con queste caratteristiche, di cui 2 europei e 3 cinesi.

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Novembre 2022, torna a salire il fatturato dell’industria

Il 2022 si chiude sotto i migliori auspici, almeno per quanto riguarda il fatturato dell’industria italiana. Dopo alcuni mesi di segno meno, infatti, i numeri sono ritornati in attivo, a dimostrazione della capacità di resilienza e di risposta delle imprese tricolori. A fare la parte del leone sono stati soprattutto i comparti energetici. A tracciare l’andamento del fatturato dell’industria è l’ultima rilevazione dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica.

Dati positivi anche per l’export

In base ai dati raccolti, l’Istat stima che il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, aumenti dello 0,9% in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+0,6% sul mercato interno e +1,3% su quello estero). Nel trimestre settembre-novembre 2022 l’indice complessivo è cresciuto dello 0,8% rispetto al trimestre precedente (+0,4% sul mercato interno e +1,7% sul mercato estero). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a novembre gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale per i beni strumentali (+2,7%) e per i beni di consumo (+1,5%), mentre registrano una flessione su base mensile per l’energia (-1,8%) e per i beni intermedi  (-0,5%). Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato totale cresce in termini tendenziali dell’11,5%, con incrementi del 10,1% sul mercato interno e del 14,3% su quello estero. I giorni lavorativi sono stati 21 come a novembre 2021.

Il settore energetico il più performante

Gli incrementi tendenziali più rilevanti, in merito ai principali raggruppamenti di industrie, si riscontrano nell’energia, che mette a segno un +19,5% rispetto la precedente analisi. I dati, che riportano gli indici corretti per gli effetti di calendario, evidenziano anche le ottime performance di beni strumentali (+17,6%) e di beni di consumo (+13,3%), mentre sono più contenuti gli incrementi per i beni intermedi (+4,5%). Con riferimento al comparto manifatturiero, tutti i settori di attività economica mostrano una crescita tendenziale. A novembre si stima che l’indice destagionalizzato del fatturato in volume, relativo al settore manifatturiero, registri un aumento in termini congiunturali (+1,2%). Corretto per gli effetti di calendario, il volume del fatturato per il comparto manifatturiero cresce in termini tendenziali dello 0,5%, con un incremento molto più contenuto di quello in valore (+11,4%).

Maggiore dinamismo della componente estera

“Dopo due mesi di flessioni, il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, torna a crescere a novembre in termini congiunturali, favorito da un maggiore dinamismo della componente estera rispetto a quella interna” commenta l’Istat. “Nel confronto tendenziale su dati corretti per i giorni lavorativi, si registra un incremento del valore del fatturato sia in termini complessivi sia con riferimento ai principali raggruppamenti di industrie. La crescita in volume risulta decisamente più contenuta”.