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L’Europa è d’accordo sulla legge per regolamentare l’AI

Un regolamento, il primo del genere al mondo, per garantire che i sistemi di Intelligenza artificiale immessi sul mercato europeo, e utilizzati nella UE, siano sicuri e rispettino i diritti fondamentali e i valori dell’Unione. E, allo stesso tempo, stimolare gli investimenti e l’innovazione in Europa.

È la proposta di norme armonizzate sull’Intelligenza artificiale stilata dopo una maratona di negoziati durata tre giorni dal Consiglio UE e il Parlamento europeo.
L’idea principale alla base dell’accordo è regolamentare l’Intelligenza artificiale a seconda della sua capacità di causare danni alla società. Pertanto, l’approccio utilizzato dalle istituzioni europee è ‘basato sul rischio’, da quello minimo a quello inaccettabile. Maggiore è il rischio più severe sono le regole.

Sandbox normative per un’innovazione responsabile

Le sandbox normative faciliteranno l’innovazione responsabile e lo sviluppo di sistemi AI conformi. Se la stragrande maggioranza dei sistemi AI rientra nella categoria del rischio minimo (con beneficio di free-pass), quelli identificati ad alto rischio saranno tenuti a rispettare requisiti rigorosi.

Esempi di sistemi di AI ad alto rischio includono alcune infrastrutture critiche, come nei settori acqua/gas/elettricità, dispositivi medici, sistemi per determinare l’accesso alle istituzioni educative o per reclutare persone, alcuni sistemi utilizzati nei settori delle forze dell’ordine, controllo delle frontiere, amministrazione della giustizia e processi democratici.
Sono considerati ad alto rischio anche i sistemi di identificazione biometrica, categorizzazione e riconoscimento delle emozioni.

Le linee rosse

Il rischio inaccettabile riguarda i sistemi di AI considerati una chiara minaccia ai diritti fondamentali delle persone, e saranno vietati.
La blacklist include sistemi o applicazioni di AI che manipolano il comportamento umano per aggirare il libero arbitrio, sistemi che consentono il ‘punteggio sociale’ da parte di governi o aziende, e alcune applicazioni di polizia predittiva.

Alcuni utilizzi dei sistemi biometrici saranno vietati, ad esempio, il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro e alcuni sistemi per la categorizzazione delle persone, o il riconoscimento facciale in tempo reale in spazi accessibili al pubblico.
L’accordo della UE chiarisce gli obiettivi in cui tale uso è strettamente necessario ai fini dell’applicazione della legge, e per i quali le autorità dovrebbero essere eccezionalmente autorizzate a utilizzare tali sistemi.

Eccezioni e sistemi a rischi specifici

L’accordo prevede ulteriori garanzie, limitando le eccezioni ai casi di vittime di determinati reati, la prevenzione di minacce reali, presenti o prevedibili (es: attacchi terroristici), e la ricerca di persone sospettate di gravi crimini.
Vi è poi la categoria dei rischi specifici, quali le ormai famose chatbot.
Quando utilizzano le chatbot, gli utenti dovrebbero essere consapevoli che stanno interagendo con una macchina. Deepfake e altri contenuti generati dall’AI dovranno essere etichettati come tali.

Inoltre, i fornitori dovranno progettare sistemi in modo che i contenuti audio/video/testo/immagini sintetici siano contrassegnati e rilevabili come generati o manipolati artificialmente.
La legge sull’AI, riferisce Agi, non si applicherà ai sistemi utilizzati esclusivamente per scopi militari o di difesa, di ricerca e innovazione, o alle persone che utilizzano l’AI per motivi non professionali.

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Curiosità in numeri

Le aziende in Italia investono sui talenti della GenZ

I nati tra il 1995 e il 2010, ovvero, i giovani della GenZ, in Italia sono più di 8 milioni. Rappresentano la generazione digitale che non ha mai conosciuto un mondo senza Internet, smartphone, social network e nuove tecnologie.
Il premio Company for generation Z, istituito dalla business school Radar Academy per dare risalto alle aziende che stanno investendo proprio sui giovani della GenZ, anche quest’anno ha premiato a Milano le prime 41 aziende distinte per aver realizzato piani concreti di valorizzazione in 10 ambiti.

Gli ambiti premianti riguardano il numero di assunzioni di giovani nati dopo il 1995, numero di stage attivati, percorsi e prospettive di carriera, welfare aziendale e benessere della persona, smart working e lavoro ibrido, percorsi di formazione, politiche di talent retaining, progetti con scuole, università e business school, diversità e inclusione, responsabilità sociale e sostenibilità.

La frontiera del nuovo mondo del lavoro

La GenZ è la frontiera del nuovo mondo del lavoro ed è la principale interprete del futuro. La sfida del futuro del lavoro passa inevitabilmente, quindi, dall’investimento nelle nuove generazioni.

All’interno del premio Company for generation Z il riconoscimento speciale ‘Passaggio Generazionale 2023’, è stato istituito per premiare le realtà aziendali e professionali in cui si realizza un passaggio generazionale al vertice dell’organizzazione.
Nell’edizione 2023 il premio è andato all’avvocato e giuslavorista Francesco Rotondi, fondatore dello studio LabLaw, per aver lascito il timone dello studio, pur essendo in piena attività, a un giovane avvocato di 35 anni, Alessandro Paone.

È determinante accogliere il potenziale innovativo dei giovani

“Il premio Company for generation Z ha lo scopo di dare visibilità a una tematica centrale per il nostro futuro: l’investimento nelle giovani generazioni che saranno protagonista del cambiamento in atto – spiega Ernesto D’Amato, ceo di Radar Academy -. In questo passaggio il ruolo delle aziende e del mondo del lavoro sarà determinante per accogliere e far sprigionare tutto il potenziale innovativo e valoriale della Generazione Z. Un ruolo, quello delle imprese, finalizzato non solo a un rinnovamento sul piano lavorativo e organizzativo ma anche sul piano sociale e dell’intero sistema Paese”.

Da Unicredit a Zextras passando per Ferrero

Tra le aziende premiate, Unicredit, Coca Cola HBC, Lidl, Luisa Via Roma, Ntt Data, Lavorint, ABL Consultancy, Manpower Group, Leroy Merlin, Sidea Group, Borgo Egnazia, Danone, Primo Group, Rai Pubblicità, Netcom, Free Mind Foundry, One day, I Genous, ADHR, LHH, Laminazione Sottile, Acqua Minerale San Benedetto, Brain Computing, Moleskine, Oracle, Ferrero, Enel, AFV Beltrame Group, GMM Farma, P&G, Whirlpool, Per Formare, Formamentis, Tecno, Bosh Italia, Culligan, Zextras.

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Statistiche

Mobilità: sostenibile o precaria? Come si muovono gli italiani

In Italia a ostacolare gli sforzi per ridurre l’uso dell’auto privata, i cui costi di acquisto e carburante sono aumentati, è la situazione di precarietà nella mobilità fotografata dall’Osservatorio Stili Mobilità.
Secondo la ricerca, realizzata da Ipsos e Legambiente in collaborazione con Unrae, la precarietà nella mobilità affonda le radici nell’assenza di alternative all’uso dell’auto privata per raggiungere servizi essenziali, come strutture scolastiche e mediche.

Le città più colpite da una condizione di precarietà nella mobilità sono Napoli, con il 34% dei cittadini che non sempre riesce a spostarsi, e Roma (33%).
Torino (28%) è a metà strada, mentre a Milano e Bologna, con un’elevata offerta di mobilità sostenibile ed elettrica, il livello di precarietà si attesta intorno al 20-21%.

Il 64% dei viaggi settimanali è a bordo di veicoli di proprietà

Ogni settimana gli italiani trascorrono in media sei ore in viaggio. Il 64% dei viaggi si svolge a bordo di auto e moto di proprietà, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Aumenta invece l’uso medio dei mezzi pubblici e dell’auto elettrica (privata o a noleggio), passato dall’11% al 13%.

Rimangono stabili gli spostamenti sostenibili (a piedi, in bici o in monopattino elettrico), che ammontano al 22% del tempo di viaggio, mentre diminuiscono del 10% circa gli spostamenti nei giorni festivi, i primi a essere sacrificati da chi fatica ad arrivare alla fine del mese.
La mobilità sostenibile prevale a Bologna (49%) e Milano (48%), mentre il 40% e il 45% avviene in auto e moto a combustione. Percentuali più alte si registrano a Torino (51%), Roma (54%) e Napoli (55%).

Le difficoltà nello spostamento

Oltre alla carenza di trasporti pubblici, gli orari poco convenienti e l’assenza di servizi di sharing, sulla precarietà nella mobilità incidono anche le condizioni economiche delle famiglie.
Le difficoltà nello spostamento spingono gli italiani a rinunciare a opportunità di lavoro (28%), uscite di piacere (25%), visite medica (19%), studio (17%).

Tra i vari tipi di precarietà, il dato che preoccupa maggiormente riguarda il 7% delle persone in condizione di estrema mobility poverty, ovvero, che non dispone di mezzi pubblici o in condivisione di prossimità, né ha la possibilità di acquistare un’auto.
Si trovano in condizioni di precarietà, pur meno estreme, coloro che denunciano un elevato costo del carburante rispetto al reddito (9%), lamentano l’assenza di alternative all’auto privata e/o l’impossibilità di cambiare il mezzo obsoleto (8%), o evidenziano elevati costi dovuti alla necessità di percorrere in auto lunghe percorrenze quotidiane (8%).

Meglio le auto elettriche?

Circa il 50% degli italiani desidera acquistare un’auto nuova, di cui il 47% preferisce veicoli tradizionali, il 14% auto elettriche, l’11% ibride ricaricabili (plug-in), il 29% ibride.
Le principali motivazioni chi sceglie veicoli a combustione interna riguardano costi più convenienti (29%), maggiore autonomia (28%), paura di non trovare stazioni di ricarica rapide (24%) e migliori prestazioni (maggiore potenza e accelerazione, 15%).

Chi preferisce veicoli elettrici è motivato principalmente dalla riduzione dell’impatto ambientale (32%), soprattutto a Bologna (45%) e Napoli (41%).
A seguire, costi operativi inferiori 20%, tecnologie innovative (14%), incentivi fiscali e/o agevolazioni per l’acquisto (13%), timore di non poter circolare ovunque liberamente con le auto tradizionali nel futuro (12%), migliori prestazioni (7%).

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Curiosità in numeri


Legge UE sulla sicurezza informatica: le imprese digital non sono d’accordo

Le aziende digital avvertono sui rischi della nuova legge europea sulla cybersecurity.
Più di un anno fa, a settembre 2022, la Commissione Europea ha infatti pubblicato la bozza di legge sulla sicurezza informatica, la cui entrata in vigore è prevista per il 2024.

Ma un gruppo di aziende, tra cui Ericsson, Nokia, Siemens, Robert Bosch, Schneider Electric ed ESET, ha lanciato un’allerta riguardo a questa proposta di legge, sostenendo che potrebbe creare ostacoli e interruzioni nelle catene di approvvigionamento.
In particolare, le aziende hanno chiesto maggiore flessibilità, suggerendo che la legislazione permetta possibilità di autovalutazione e una significativa riduzione del numero di prodotti in oggetto.

Un impatto negativo su milioni di dispositivi connessi

In una lettera inviata alla Commissione Europea, il gruppo industriale Digital Europe, che rappresenta l’industria per la trasformazione digitale in Europa e comprende 106 aziende globali dei settori informatica, telecomunicazioni ed elettronica di consumo, ha affermato che l’ampio campo di applicazione della bozza di legge avrebbe un impatto su milioni di dispositivi connessi (dagli elettrodomestici ai giocattoli fino agli strumenti di cybersecurity).

Secondo le aziende, la misura legislativa impedirebbe la commercializzazione di dispositivi sicuri per i clienti europei, che si vedrebbero quindi privati di alcuni importanti prodotti di queste aziende. 

Sì alle regole, no a conformità certificate da terzi 

Le aziende firmatarie sostengono da sempre la necessità di regole orizzontali sulla cybersecurity per i prodotti connessi invece di una serie di regolamentazioni settoriali diverse. Ma ritengono che la proposta attuale non sia in grado di regolamentare in maniera adeguata i diversi tipi di prodotti.

Un punto critico per i produttori è la richiesta di dimostrare la conformità attraverso certificatori terzi per una categoria di prodotti ad alto rischio con funzionalità di cybersecurity, come la gestione delle password o il rilevamento delle intrusioni.

Cosa chiedono le aziende?

Il gruppo sostiene che questi componenti siano fondamentali per l’economia e che la valutazione attraverso terze parti possa causare ostacoli simili a quelli causati dalla pandemia di Covid-19 nelle catene di approvvigionamento europee, danneggiando la competitività.

Sono state sollevate preoccupazioni anche riguardo all’obbligo di segnalare le vulnerabilità non ancora risolte, riporta Adnkronos. Le aziende ritengono che i produttori debbano essere autorizzati a valutare la priorità della risoluzione delle vulnerabilità rispetto alla segnalazione immediata, basandosi su ragioni legate alla cybersecurity.
Le aziende hanno inoltre proposto di concedere almeno 48 mesi per lo sviluppo di uno standard più armonizzato.

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Economia

GenZ: poca consapevolezza finanziaria, ma l’80% sa gestire i soldi

È quanto emerge dall’indagine promossa da Esdebitami Retake e condotta da Nomisma sulle abitudini di spesa e la conoscenza delle dinamiche finanziarie dei giovani di età compresa tra 18 e 25 anni: la Generazione Z è poco ‘friendly’ con le nozioni di finanzia ed economia, ma l’80%di loro gestisce il denaro in maniera autonoma.

Si tratta di cifre che vanno dai 500 euro fino a oltre 2.000 euro. Eppure, uno su 5 non pensa a quanti soldi ha a disposizione prima di comprare qualcosa.
Insomma, i giovani della Gen Z mostrano di avere scarse conoscenze delle dinamiche economico finanziarie, entrate limitate e spese spesso elevate.
Ma il dato allarmante è che nel 12% dei casi ricavano guadagni da vincite a scommesse, giochi o lotterie.

Tra stipendio, regali, paghetta quanto “guadagnano” i giovanissimi?

Stando all’indagine, in 7 casi su 10 le entrate dei ragazzi non sopperiscono alle loro spese. A supportarle sono i genitori, che però ‘non sempre controllano’ le finanze dei figli.
Considerando la disponibilità finanziaria dei giovani appartenenti alla Gen Z emerge come negli ultimi 12 mesi 8 su 10 abbiano gestito denaro in autonomia, con un’entrata media mensile pari a 842 euro tra stipendio, paghetta e regali.
In particolare, il denaro a disposizione dei giovanissimi deriva da una combinazione di stipendio/proventi da un’attività lavorativa (57%), regali ricevuti (37%), somma fissa elargita dai genitori (32%) e somme di denaro date all’occorrenza (30%).

A pagare ci pensano mamma e papà

L’indagine rileva come nella fascia di età della Gen Z meno del 40% dei ragazzi abbia un’occupazione lavorativa più o meno stabile.
In generale, infatti, il supporto da parte della famiglia rimane elevato per la copertura delle spese mensili.

Il 62% di chi lavora e il 72% di chi non lavora non riesce infatti a far fronte alle spese, anche per una frequente difficoltà a gestire in modo consapevole l’equilibrio con le risorse disponibili.
Diverse, invece, le modalità di approccio alla spesa. Se il 42% dei giovani tra 18 e 22 anni valuta attentamente l’opportunità di fare o meno un acquisto in base alle proprie disponibilità finanziarie, la percentuale scede al 39% nel caso di ragazzi tra 23 e 25 anni.

Attenti a non superare il limite fissato per le spese! 

Un accorgimento usato frequentemente è quello di fissare un limite di spesa giornaliero o settimanale cercando di non superarlo (39% tra i 18-22enni e 42% 2tra chi ha 3-25 anni).
I dati dell’indagine, riporta Adnkronos, sono stati presentati in occasione dell’evento ‘GenZ e consapevolezza finanziaria tra digitale, tecnologia e new economy’, un’iniziativa promossa dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria del ministero dell’Economia e Finanza.

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Statistiche

I criteri ESG sono sempre più importanti per i compensi dei manager

Nel 2022 i fattori ambientali, sociali e di governance hanno concorso a determinare i compensi degli amministratori delegati in 127 società con azioni ordinarie negoziate sul mercato Euronext Milan, pari al 58,5% del totale e l’11,5% rispetto alle 106 del 2021.
Il Rapporto Consob 2022 sulla Rendicontazione non finanziaria delinea una crescente integrazione tra sostenibilità e finanza, elemento chiave per rendere la transizione ecologica non solo auspicabile, ma reale.

Per capire come la rivoluzione ESG stia impattando sull’economia, è interessante notare come i temi di sostenibilità influenzino la remunerazione del CdA, soprattutto in ambito finanziario, dove coinvolgono 31 emittenti (65% del settore), seguito da quello industriale (66 emittenti, 56%) e dalle imprese dei servizi (30 emittenti, 58%).

L’impulso positivo della normativa comunitaria

Nello specifico, questi fattori hanno influenzato le remunerazioni di breve termine in 111 casi e quelle di lungo termine in 75.
L’evoluzione della normativa comunitaria sta dando un grande impulso al settore. Non a caso, il collegamento tra fattori ESG e remunerazioni è più frequente nelle società di maggiori dimensioni, appartenenti all’indice Ftse Mib (31 casi, il 94% dell’indice) o al Mid Cap (27 casi, 77%).

Come spiega Esgnews.it, i dirigenti vengono premiati per i risultati ottenuti negli aspetti social (capitale umano, sicurezza sul lavoro, soddisfazione dei clienti, innovazione), ambientali (riduzione delle emissioni di C02, economia circolare, gestione dei rifiuti, energie rinnovabili), di governance (avanzamento negli indici e nei rating ESG, aumento dei prodotti ESG offerti dalla società).

Piani strategici e coinvolgimento degli stakeholder esterni

Le tematiche ambientali sono predominanti nelle strategie. Delle 13 società che hanno raggiunto un’integrazione completa, 8 hanno dato spazio a tutte le dimensioni ESG, mentre 5 hanno trattato maggiormente tematiche sull’ambiente, riservando meno spazio agli aspetti sociali e di governance.
Inoltre, per le società e i decision-maker il ruolo degli stakeholder è sempre più rilevante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.

Dalle dichiarazioni non finanziarie di 148 società quotate emerge che il coinvolgimento degli stakeholder sia aumentato di circa il 4%, raggiungendo nel 2022 il 65,8% delle società analizzate.
Il ruolo di questi portatori di interesse è soprattutto quello di affiancare le società nel definire le tematiche ESG più importanti in ottica operativa e strategica.

La formazione

Un ostacolo alla trasformazione ESG è rappresentato dalla scarsa formazione. Secondo uno studio di Manpower Group il 94% delle aziende a livello globale non ha le competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi ambientali, sociali e di governance. Ma nel 2022 il 76,4% delle società emittenti analizzate dal Rapporto Consob ha organizzato almeno una sessione formativa per manager e personale, per un totale di 113 società interessate.

Le tematiche su cui più si concentra la formazione in ambito ESG sono innovazione digitale, capitale umano, sostenibilità in generale e ambiente.
Ma ancora una volta, sono soprattutto le società medio grandi e quelle del settore finanziario che organizzano più frequentemente almeno un corso di formazione su temi ESG durante l’anno.

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Curiosità in numeri

Scuola e insegnanti, cosa ne pensano gli italiani?

In occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti 2023, Ipsos ha condotto un sondaggio per indagare le opinioni degli italiani riguardo al mondo della scuola e agli insegnanti.
Forse non tutti sanno che questa giornata internazionale, celebrata il 5 ottobre di ogni anno, è stata istituita dall’UNESCO per riconoscere il ruolo fondamentale degli insegnanti nella formazione delle future generazioni e nell’offerta di un’educazione di qualità.

Massimo rispetto

I risultati del sondaggio mostrano un profondo rispetto per la figura del docente da parte degli italiani. Una netta maggioranza, oltre i due terzi, considera la professione dell’insegnante come una delle più prestigiose, addirittura superando professioni come quella del medico, dello sportivo o dell’artista.

Gli italiani riconoscono anche le difficoltà e le sfide che gli insegnanti affrontano nella loro professione, e molti ritengono che i loro stipendi attuali siano inadeguati, soprattutto considerando i cambiamenti nell’approccio educativo che gli insegnanti adottano, spesso innovativi e diversi dai metodi tradizionali.

Educazione contro la violenza

Un altro tema affrontato nel sondaggio è la violenza a scuola, un argomento molto discusso negli ultimi mesi. Gli italiani sembrano sostenere un approccio basato sul “buon senso” per affrontare questo problema.

Suggeriscono che sia necessario affrontare la questione con un metodo ben definito e combinare una serie di strumenti, tra cui la valorizzazione dell’insegnamento dell’educazione civica e il potenziamento dei servizi di sostegno psicologico per gli studenti e le loro famiglie.

Divieti e norme più severe

Alcuni suggeriscono divieti, come l’uso degli smartphone in classe, mentre altri chiedono maggiore severità nell’attribuzione del voto in condotta. Tuttavia, si sottolinea anche la necessità di affiancare i docenti e di fornire loro percorsi formativi specialistici nel campo psicologico e relazionale.

È chiaro che, per affrontare il problema della violenza a scuola, è essenziale coinvolgere attivamente le famiglie e promuovere la loro collaborazione.

Una professione da valorizzare

In conclusione, la Giornata Mondiale degli Insegnanti 2023 ha evidenziato il profondo rispetto degli italiani per gli insegnanti, insieme alle sfide che essi affrontano e alle richieste di migliore compensazione economica.

Inoltre, si è sottolineata la necessità di affrontare con metodo la questione della violenza a scuola, coinvolgendo insegnanti, studenti, famiglie e fornendo supporto specialistico per creare un ambiente educativo più sicuro e positivo.

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Perchè il sonno di qualità migliora la produttività lavorativa?

Quanto conta la qualità del sonno sulle capacità lavorative? Tanti, anzi tantissimo. Lo conferma la ricerca finanziata dall’INAIL, condotta dal Dipartimento di Medicina del Lavoro del Policlinico di Milano in collaborazione con le università di Milano e Torino, il CNR e la Fondazione IGEA Onlus. Lo studio ha rivelato l’importante legame tra la qualità del sonno e il rendimento lavorativo. Questo studio, presentato al congresso SIML (Società Italiana di Medicina del Lavoro) presso il Lingotto di Torino, si concentra sull’abilità lavorativa degli individui anziani e sui suoi effetti sulla sicurezza sul luogo di lavoro.

Test durato sei mesi  

Durante il periodo compreso tra ottobre 2021 e marzo 2022, sono stati coinvolti 468 partecipanti, di cui il 62% erano impiegati in ufficio (white collars) e il 38% operai (blue collars). Di questi ultimi, la maggioranza svolgeva o aveva svolto lavori con turni, compresi quelli notturni. I settori rappresentati includevano il bancario (49%), il chimico (29%) e il metalmeccanico (22%). Per ogni partecipante, sono stati raccolti dati sulla capacità lavorativa, le alterazioni della qualità del sonno, le prestazioni cognitive (compresi l’attenzione, la flessibilità mentale, la memoria visuo-spaziale e la memoria verbale a breve termine), il tecnostress, l’età biologica, i fattori di rischio psicosociali e il benessere psicologico.

Una peggiore qualità del sonno è associata a una minore capacità lavorativa

I dati emersi dallo studio hanno rivelato che una peggiore qualità del sonno è associata a una minore capacità lavorativa. Questo legame è risultato essere più marcato tra i lavoratori blue collars rispetto ai white collars. D’altra parte, una migliore performance cognitiva è stata associata a una migliore capacità lavorativa, con un particolare impatto positivo riscontrato nei lavoratori blue collars con un elevato Memory Span Corsi. Inoltre, un elevato livello di tecnostress è stato collegato a una peggiore capacità lavorativa e a una minore performance cognitiva.

L’effetto del sonno sulla sicurezza sul lavoro

Lo studio attualmente in corso ha evidenziato un’associazione tra una ridotta capacità lavorativa, prestazioni cognitive inferiori (soprattutto la riduzione della memoria a breve termine) e una qualità del sonno compromessa, soprattutto tra gli operai e i lavoratori a turni di età superiore ai 50 anni. Questi risultati, che verranno ulteriormente approfonditi alla conclusione dello studio, potrebbero avere importanti implicazioni sia per la sicurezza sul luogo di lavoro, considerando l’impatto sulla memoria, sia per la valutazione del rischio e le misure preventive, concentrandosi sulle esigenze specifiche dei lavoratori anziani.

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La riforma del voto in condotta? Promossa dagli italiani

Agli italiani piace la proposta di riformare il sistema di valutazione scolastica presentata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. E sostengono questo cambio di rotta nella scuola con una buona dose di entusiasmo. Secondo un sondaggio condotto da Quorum/YouTrend per Sky TG24, il 76% degli intervistati è favorevole all’idea di attribuire maggiore importanza al voto in condotta degli studenti, considerandolo nei crediti per l’esame di maturità e prevedendo conseguenze in caso di voti bassi in educazione civica. 

Anche il 75% dei giovani è favorevole

Questa proposta sta ricevendo un ampio sostegno da parte della popolazione italiana, con il 75% dei giovani tra i 18 e i 34 anni favorevoli, l’82% degli adulti tra i 35 e i 54 anni a favore, e il 77% degli anziani di 55 anni e più che approvano questa iniziativa.

Debutta anche la figura del tutor

Inoltre, un’altra novità nella scuola italiana, l’introduzione della figura del “docente tutor” incaricato di assistere gli studenti nel loro percorso di apprendimento e orientamento, sta ricevendo un considerevole sostegno dalla popolazione. Il 66% degli intervistati è favorevole a questa figura, mentre solo il 21% si oppone. Anche in questo caso, i risultati variano leggermente in base all’età, con il 63% dei giovani tra i 18 e i 34 anni favorevoli, il 67% degli adulti tra i 35 e i 54 anni a favore, e il 66% degli anziani di 55 anni e più che approvano l’idea.

Le nuove proposte piacciono a destra e a sinistra

Queste proposte di riforma scolastica sembrano essere ben accettate da entrambi gli schieramenti politici in Italia. L’84% degli elettori di Fratelli d’Italia e l’87% di coloro che si identificano come “altro centrodestra” sono favorevoli al voto in condotta, mentre il 75% dei sostenitori del Movimento 5 Stelle e il 72% dei sostenitori del Partito Democratico approvano questa proposta. Per quanto riguarda il docente tutor, il 77% degli elettori del Movimento 5 Stelle, l’80% degli elettori dell'”altro centrodestra”, il 77% dei sostenitori del Partito Democratico e il 68% dei sostenitori di Fratelli d’Italia sono a favore di questa figura.

Obiettivo: migliorare il sistema educativo

In sintesi, le proposte di riforma scolastica del ministro dell’Istruzione hanno ottenuto un ampio consenso tra la popolazione italiana, indipendentemente dall’età e dall’appartenenza politica. Gli italiani sembrano apprezzare l’idea di attribuire maggiore peso al voto in condotta e di introdurre il docente tutor come supporto per gli studenti nel loro percorso di apprendimento. Questa situazione suggerisce una forte volontà di migliorare il sistema educativo italiano e di offrire un supporto più completo agli studenti.

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In vista del Back-to-School aumentano le truffe on-line

Sfruttando la frenesia che caratterizza i preparativi e gli acquisti per il nuovo anno scolastico, i criminali informatici lanciano sofisticate campagne di phishing, che prendono di mira studenti, insegnanti e anche dirigenti.  Gli studenti di tutto il mondo si preparano per il rientro a scuola, ma gli esperti di cybersecurity Kaspersky hanno scoperto un aumento allarmante delle attività fraudolente. Una delle tecniche di truffa più utilizzate è la creazione di giveaway che promettono agli studenti la possibilità di vincere un laptop. Ma per ottenerlo devono fornire informazioni personali e indicare il modello di notebook preferito. Un’altra versione di questa truffa invita a condividere con 15 contatti, via WhatsApp, un link specifico che rimanda alla pagina di un’estrazione a premi, ma per poter partecipare è richiesta la registrazione con un SMS.

Quando l’esca è la vincita di un laptop

Vincere un laptop o un altro oggetto di valore rappresenta l’esca, ma ovviamente c’è una sorpresa: i vincitori scoprono di dover sostenere le spese di consegna dei presunti premi. Questa richiesta di un pagamento aggiuntivo indica chiaramente uno schema fraudolento.
“Con l’avvicinarsi dell’inizio del nuovo anno scolastico e con milioni di studenti che comprano libri, pagano le tasse scolastiche e acquistano il materiale necessario, si registra un’intensificazione delle minacce informatiche – ha dichiarato Noura Afaneh, Privacy Expert di Kaspersky -. I truffatori approfittano di questo periodo facendo leva sull’entusiasmo degli studenti nel procurarsi nuovi dispositivi per gli studi”.

Finte borse di studio in palio

“La possibilità di ottenere gratuitamente un computer portatile si rivela un’efficace copertura dei pericoli associati – aggiunge Noura Afaneh -, esponendo le persone a un rischio maggiore di essere coinvolte in queste truffe”.
Un’altra forma di inganno riguarda finte borse di studio: i truffatori sfruttano la speranza degli studenti di ricevere aiuti finanziari per attirarli nei loro schemi fraudolenti. Le vittime sono attirate dall’offerta di borse di studio apparentemente autentiche che promettono appunto un supporto finanziario. Per usufruire di questi sussidi, gli studenti devono fornire informazioni personali, compresi anche dati sensibili, come il numero di previdenza sociale e le coordinate bancarie, che vengono poi utilizzati per furti di identità e frodi finanziarie.

Un impatto negativo sugli studenti inconsapevoli

“Le borse di studio false possono avere un impatto negativo su studenti inconsapevoli – prosegue la Privacy Expert di Kaspersky -. Truffe simili non causano solamente perdite finanziarie, ma anche furti d’identità a lungo termine. È quindi importante che gli studenti siano attenti e cauti quando trovano offerte insolite di borse di studi”.