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Economia

Novembre 2022, torna a salire il fatturato dell’industria

Il 2022 si chiude sotto i migliori auspici, almeno per quanto riguarda il fatturato dell’industria italiana. Dopo alcuni mesi di segno meno, infatti, i numeri sono ritornati in attivo, a dimostrazione della capacità di resilienza e di risposta delle imprese tricolori. A fare la parte del leone sono stati soprattutto i comparti energetici. A tracciare l’andamento del fatturato dell’industria è l’ultima rilevazione dell’Istat, l’Istituto nazionale di statistica.

Dati positivi anche per l’export

In base ai dati raccolti, l’Istat stima che il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, aumenti dello 0,9% in termini congiunturali, registrando una dinamica positiva su entrambi i mercati (+0,6% sul mercato interno e +1,3% su quello estero). Nel trimestre settembre-novembre 2022 l’indice complessivo è cresciuto dello 0,8% rispetto al trimestre precedente (+0,4% sul mercato interno e +1,7% sul mercato estero). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a novembre gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale per i beni strumentali (+2,7%) e per i beni di consumo (+1,5%), mentre registrano una flessione su base mensile per l’energia (-1,8%) e per i beni intermedi  (-0,5%). Corretto per gli effetti di calendario, il fatturato totale cresce in termini tendenziali dell’11,5%, con incrementi del 10,1% sul mercato interno e del 14,3% su quello estero. I giorni lavorativi sono stati 21 come a novembre 2021.

Il settore energetico il più performante

Gli incrementi tendenziali più rilevanti, in merito ai principali raggruppamenti di industrie, si riscontrano nell’energia, che mette a segno un +19,5% rispetto la precedente analisi. I dati, che riportano gli indici corretti per gli effetti di calendario, evidenziano anche le ottime performance di beni strumentali (+17,6%) e di beni di consumo (+13,3%), mentre sono più contenuti gli incrementi per i beni intermedi (+4,5%). Con riferimento al comparto manifatturiero, tutti i settori di attività economica mostrano una crescita tendenziale. A novembre si stima che l’indice destagionalizzato del fatturato in volume, relativo al settore manifatturiero, registri un aumento in termini congiunturali (+1,2%). Corretto per gli effetti di calendario, il volume del fatturato per il comparto manifatturiero cresce in termini tendenziali dello 0,5%, con un incremento molto più contenuto di quello in valore (+11,4%).

Maggiore dinamismo della componente estera

“Dopo due mesi di flessioni, il fatturato dell’industria, al netto dei fattori stagionali, torna a crescere a novembre in termini congiunturali, favorito da un maggiore dinamismo della componente estera rispetto a quella interna” commenta l’Istat. “Nel confronto tendenziale su dati corretti per i giorni lavorativi, si registra un incremento del valore del fatturato sia in termini complessivi sia con riferimento ai principali raggruppamenti di industrie. La crescita in volume risulta decisamente più contenuta”.

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Economia

Saldi: nel 2023 meno compere, e il budget scende a 120 euro

Durante i saldi invernali 2023 si riducono le prospettive di spesa dei consumatori italiani, soprattutto per i consumatori di fascia di reddito bassa.
“L’aumento del costo della vita è la principale criticità dietro questo trend in tutta Europa, con un tasso di preoccupazione particolarmente elevato per il nostro Paese”, spiega Andrea Petronio, Senior Partner e Responsabile della practice Retail di Bain & Company in Italia. Secondo i risultati emersi dal terzo episodio dell’Holiday Shopping Outlook di Bain & Company Italia, realizzato in collaborazione con Toluna, rispetto al 2022 il 40% degli intervistati dichiara infatti di avere speso o voler spendere meno rispetto all’anno precedente, una tendenza generalizzata per uomini e donne. Il budget di spesa medio previsto si attesta intorno 120 euro, 123 euro per gli uomini e 115 per le donne, con un gap contenuto tra le diverse generazioni.

Guidano gli acquisti soprattutto i prodotti a uso personale

“Gli acquisti dei consumatori del nostro Paese, durante i saldi invernali, hanno guardato soprattutto a prodotti a uso personale (64%), indipendentemente dalle fasce d’età – continua Andrea Petronio -. L’abbigliamento riveste la ‘parte del leone’ tra i settori merceologici preferiti (87%), seguito dagli alimentari (34%). Tra le preferenze, l’abbigliamento è scelta comune tra tutte le generazion. Spiccano poi giochi e videogiochi per la Generazione Z e i Millennials, mentre i prodotti per la cura della persona spopolano tra i Boomers. Per tutti l’online risulta spesso il canale elettivo”. In termini di canali, l’e-commerce è utilizzato soprattutto per i settori dell’elettronica, e di giochi e videogiochi, mentre su abbigliamento e alimentari prevalgono i canali tradizionali.

Diminuisce la disponibilità di spesa

“In Italia, quasi un consumatore su due, il 42% degli intervistati, dichiara avere disponibilità di spesa solo per i beni essenziali, ma non per quelli ‘non essenziali’, o per risparmiare: è la percentuale più elevata tra i principali Paesi europei”, aggiunge Petronio.
In questo contesto, il 13% degli italiani non è riuscito a pagare tutto il dovuto negli ultimi tre mesi, o è a rischio di non riuscirci. Il 43% degli italiani ha già ridotto la spesa e un altro 31% prevede di ridurla a breve. Con i risparmi concentrati soprattutto nei confronti di ristoranti, abbigliamento, regali, vacanze, e beauty.

In marcata contrazione viaggi e ristoranti

Chi ha già diminuito la propria spesa si è concentrato in larga misura sul consumo energetico e di acqua, e ha optato per spostamenti più economici, a piedi o in bicicletta, quando possibile. E un italiano su quattro ha deciso di rinunciare alla ristorazione, con la prospettiva di mangiare più spesso tra le mura domestiche.
La ricerca evidenzia, inoltre, una marcata contrazione di spesa anche sui viaggi, grazie alla diminuzione del numero di vacanze, destinazioni locali e la ricerca di soluzioni meno costose. Uno su quattro risparmia anche sulla spesa al supermercato: dolci e snack sono le principali categorie acquistate sfruttando le promozioni e ricorrendo maggiormente ai discount.

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Curiosità in numeri

Quali sono i beauty trend del 2023?

Come in ogni settore della nostra vita, anche e soprattutto nel beauty ogni anno nascono nuove tendenze. Quali saranno dunque quelle del 2023? Alla domanda risponde Foreo, il big del beautytech che ha esplorato i trend più impattanti. Le linee guida generali sono forti e chiare: i consumatori vogliono scientificità e affidabilità, ma anche semplicità e naturalità. Insomma, sì alla bellezza ma senza troppi artifici e con la possibilità di effettuare trattamenti mirati ma non invasivi.

Sì al look naturale

Per quanto riguarda la skincare, addio a make up coprenti e artificiosi. Il 2023 vedrà un crescendo di soluzioni skincare mirate ad ottenere e preservare un look naturale, sano, e il tanto agognato No Makeup Look o Clean Girl Makeup con prodotti per la cura del viso che di fatto sostituiranno il makeup più complesso. Sarà l’anno dei sieri, delle creme, delle maschere, ed anche dei sieri per le ciglia, con forte attenzione verso formule ‘pulite’ e ricche di principi attivi naturali e potenziati – primi tra tutti i peptidi, i prebiotici e probiotici, ed i fari accesi sull’importanza della cura del microbioma cutaneo. Parola d’ordine: bellezza sostenibile ed inclusiva, tutta centrata attorno al benessere olistico a 360 gradi ed all’importanza della comunità e condivisione di esperienze.

Antiage non invasivi

Dalla ricerca si scopre che l’anno appena iniziato sarà all’insegna delle soluzioni anti-età e dei lifting non invasivi, grazie a dispositivi hi-tech ad altissima performance e dai risultati mirati e duraturi nel tempo. Tecnologie all’avanguardia quali microcorrente, radiofrequenza, e luci LED saranno sotto ai riflettori dei consumatori, sempre più esigenti ed alla ricerca di prodotti flessibili, personalizzabili, ed utilizzabili nel comfort di casa propria. Reali investimenti nella propria bellezza e benessere sul lungo periodo.

Dispositivi di bellezza super tech

Il trend dei dispositivi beautytech continuerà la sua solida scalata senza accenni di decrescita. Tecnologie all’ultimo grido, alta performance, personalizzazione e semplicità di utilizzo saranno i punti cardine di quest’anno e dei prossimi a venire. Ciò è perfettamente in linea con le tendenze e le abitudini dei consumatori di bellezza e benessere, sempre più improntate a soluzioni futuristiche, digitali, connesse, ed intuitive. Un 2023 che vedrà dunque i dispositivi viso e corpo al centro dell’attenzione quali soluzioni d’elezione per i propri trattamenti detergenti, massaggianti, liftanti, tonificanti, ed oltre.

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Curiosità in numeri

Lavoro: meglio scegliere chi offre Learning & Development costante

Lo rivela la nuova survey condotta da Docebo: in Italia oltre 8 lavoratori su 10 (82%) sono più propensi a scegliere un datore di lavoro che offra opportunità di formazione e sviluppo costanti. Inoltre, 6 lavoratori su 10 (61%) sono disposti a cambiare lavoro entro 12 mesi se l’attuale datore di lavoro non offrisse opportunità di apprendimento o formazione essenziali per la crescita e lo sviluppo della carriera. L’inflazione in aumento e la prospettiva di un’ulteriore flessione economica spingono le aziende a preservare il personale, anche a causa della carenza, in molti settori, di nuovi talenti, e del blocco alle assunzioni. E in questo scenario, in cui molte aziende non sono in grado di aumentare i salari, investire in attività di Learning & Development potrebbe essere uno strumento decisivo per fidelizzare e trattenere le persone in azienda.

Cosa spinge i dipendenti ad abbandonare l’azienda? 

Le principali motivazioni che spingono i dipendenti ad abbandonare l’attuale posto di lavoro sono retribuzione insufficiente (78%), cattiva gestione aziendale (52%) e scarse opportunità di crescita professionale (45%). Se, da un lato, la retribuzione resta un fattore fondamentale, dall’altro, mancanza di manager preparati, carenza di nuovi talenti e conseguente insufficienza di personale, mettono sotto pressione i team, portando a possibili fughe dall’azienda. Inoltre, un quarto dei lavoratori (25%) indica la ‘cultura aziendale debole’ come ulteriore fattore che li spingerebbe a cambiare lavoro.

I Millennial sono i più attenti alle politiche di formazione

Dalla survey emerge poi che i Millennial sono molto attenti alle politiche di Learning & Development: l’83% è più propenso a scegliere un datore di lavoro che offra opportunità di sviluppo e apprendimento continue rispetto al 79% dei GenZ. Del resto, il 66% dei Gen Z e il 65% dei Millennial è più favorevole dei Baby Boomer (55%) a prendere in considerazione il licenziamento nel caso in cui il datore di lavoro tagliasse gli investimenti in Learning & Development.
“Quello che osserviamo anche in Italia è un trend chiaro che dimostra quanto siano importanti le opportunità di formazione e sviluppo per il personale – commenta Claudio Tadoldi, Regional Sales Director di Docebo -,  e quanto la crescita professionale sia un elemento non negoziabile quando si tratta di proseguire la propria carriera nella stessa azienda”.

“I programmi di upskilling hanno un ritorno tangibile sull’investimento”

“Prima di tagliare i budget di Learning & Development e rischiare che il personale abbandoni l’azienda, i datori di lavoro devono considerare che i programmi di upskilling hanno un ritorno tangibile sull’investimento – aggiunge Tadoldi -. Infatti, che si tratti di attrarre i candidati giusti o migliorare le competenze dei manager e la cultura aziendale, incoraggiando la formazione continua, e motivando le persone a fare carriere restando all’interno della propria organizzazione, l’attività di Learning & Development ha un impatto tangibile sui tassi di fidelizzazione. E, di conseguenza, sui profitti dell’azienda”.

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Statistiche

Aziende e cybersecurity: come aumentare la resilienza della sicurezza

Il Security Outcomes Report, Volume 3: Achieving Security Resilience, è lo studio realizzato da Cisco in 26 Paesi per identificare i fattori in grado di aumentare la resilienza della sicurezza aziendale. Il 65% delle aziende italiane ha infatti subito conseguenze negative sul proprio business a causa di un attacco informatico. In particolare, il 37,7% ha subito violazioni di rete o dei dati, il 40,8% interruzioni di rete o sistema, il 36,2% danni da ransomware, e il 60% ha dovuto far fronte ad attacchi distributed denial of service. Eventi che hanno comportato un’interruzione dell’operatività e delle comunicazioni (EMEA: 62,6%), disservizi nella supply chain (EMEA: 43%), compromissione delle attività interne (EMEA: 41,4%) e della reputazione del brand (EMEA: 39,7%). 

L’impatto di leadership, cultura aziendale e risorse

Lo studio si concentra sui fattori culturali, ambientali e le soluzioni che le aziende devono adottare per raggiungere la resilienza della sicurezza. La sicurezza riguarda infatti la sfera umana, poiché leadership, cultura aziendale e risorse hanno un impatto considerevole sulla resilienza. Di fatto, le aziende che segnalano uno scarso supporto da parte dei dirigenti in materia di sicurezza hanno ottenuto un punteggio inferiore del 39% (EMEA) rispetto a quelle che godono di un significativo supporto. E quelle che promuovono una cultura della sicurezza hanno ottenuto un punteggio medio del 46% (EMEA). Inoltre, le aziende che impiegano personale e risorse interne aggiuntive per rispondere agli ‘incidenti’ hanno ottenuto un incremento del 15% nei risultati di resilienza.

Un modello zero trust evoluto

Le aziende nell’area EMEA le cui infrastrutture tecnologiche sono prevalentemente on-premise o basate sul cloud, hanno ottenuto, a pari livello, i punteggi di resilienza della sicurezza più alti.
Tuttavia, le aziende che si trovano nelle fasi iniziali di transizione da un ambiente on-premise a un ambiente cloud ibrido hanno registrato un calo del punteggio tra 8,5%-14%, a seconda della difficoltà di gestione degli ambienti ibridi. Le aziende che poi hanno dichiarato di aver adottato un modello zero trust evoluto hanno ottenuto un aumento del 30% (EMEA) del punteggio di resilienza rispetto a quelle che non l’hanno implementato.

Funzionalità avanzate di rilevamento e risposta

Le funzionalità avanzate di rilevamento e risposta hanno portato a un aumento del 45% (EMEA) del punteggio di resilienza rispetto alle aziende che hanno dichiarato di non avere tali soluzioni. E la convergenza delle tecnologie di rete e sicurezza in un sistema Secure Access Services Edge distribuito in cloud ha migliorato i punteggi di resilienza della sicurezza del 27% (EMEA).
“I Security Outcomes Report analizzano ciò che funziona e ciò che non è efficace nel campo della cybersecurity – dichiara Jeetu Patel, executive vice president and general manager security and collaboration di Cisco -. L’obiettivo finale è quello di fare chiarezza nel mercato e identificare le modalità in grado di garantire risultati certi per i difensori”.

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Eccellenze online

Le paure che influiscono negativamente sulla vita degli anziani

Con l’avanzare dell’età e con la grande esperienza accumulata nel corso della vita, le persone tendono ad essere più sagge e consapevoli di ciò che li circonda.

Nonostante questo, gli anziani vivono una condizione particolare dato che, tipicamente, subentra in loro un senso di inquietitudine legato al futuro e determinate paure che nel corso della loro vita non avevano mai avuto prima.

Proprio queste paure sono in grado di limitare la persona in quello che fa, dunque esse incidono sulla quotidianità in maniera negativa impedendo agli anziani di poter vivere serenamente determinati momenti della giornata.

Vediamo di seguito quali potrebbero essere queste paure ed in che modo esse possono essere superate.

La paura di rimanere da soli

Quella della solitudine è una paura insita dell’uomo, e che diventa più marcata durante l’anzianità.

Complice anche una eventuale mobilità ridotta o acciacchi legati all’età infatti, gli anziani tendono a rimanere in casa spesso da soli.

Proprio questa solitudine è motivo di inquietitudine negli anziani, soprattutto quando essi rimangono da soli (dunque senza ricevere alcuna visita) per diversi giorni.

Il consiglio in questi casi, a meno che non ci sia una condizione di salute particolare, è quello di invitare le persone anziane a frequentare appositi circoli che propongano attività di socializzazione per anziani.

La paura di perdere l’indipendenza

Essere indipendenti è una condizione che si fa fatica a perdere pian piano nel tempo, sebbene diventi quasi inevitabile ad esempio quando ci sono problemi di mobilità.

Consideriamo infatti che arrivare in perfetta autonomia ad una certa età è certamente un pregio, ma si tratta di una ipotesi alquanto rara.

Di solito si presentano delle difficoltà fisiche che rendono più difficili determinati movimenti, il che incide notevolmente su determinate operazioni quotidiane che all’apparenza sono tra le più semplici, e questo può essere difficile da accettare.

Tutto dipende dal tipo di acciacchi che interessano la persona e quali attività gli sia impossibile fare in autonomia.

Ad ogni modo, come ad esempio il fare il bagno, determinate difficoltà possono essere superate mediante le apposite vasche con sportello per anziani, le quali possono essere adoperate autonomamente anche da chi ha problemi di mobilità.

La paura di perdere la lucidità mentale

Quella di perdere la lucidità mentale è una paura insita nell’uomo: non riuscire più a comprendere bene cosa accada intorno a sé è infatti motivo di preoccupazione per il futuro.

Con l’avanzare dell’età dunque, è normale non avere più una memoria elastica come prima o ad avere facoltà intellettuali intaccate.

Chiaramente si tratta di condizioni soggettive che sono legate sia al patrimonio genetico di ciascuno che alle abitudini quotidiane, che possono aver tenuto in esercizio la mente nel tempo.

In questo caso può essere utile fare degli specifici esercizi che aiutino a mantenere la mente e la memoria attive e “brillanti” nel tempo, sebbene tali buone abitudini vadano mantenute già con diversi anni di anticipo rispetto l’arrivo dell’anzianità.

In breve

Quella della terza età è una fase della vita certamente particolare, nella quale la persona ha bisogno di attenzioni e supporto, ma ciò non significa che le persone anziane debbano avere delle paure in grado di limitarne la qualità della vita.

Al contrario, ci sono tante cose che è possibile fare per aiutarli a vivere serenamente questa fase della vita e a superare le paure che tipicamente interessano le persone anziane.

Tutto sta alle capacità interiori della persona stessa, e chiaramente anche alla costanza di parenti o persone che assistono l’anziano, le quali hanno un notevole influsso e che possono aiutare ogni persona a migliorare la qualità della propria vita.

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Statistiche

Novembre 2022, i prezzi dei beni salgono ancora (ma di poco)

Prezzi ancora in salita, ma con una curva più lieve; inflazione tendenziale stabile. Ecco, in sintesi, cosa emerge dalle stime preliminari dell’Istat riferite ai prezzi al consumo a novembre 2022. Potrebbero esserci anche degli spiragli di ottimismo, soprattutto per quanto riguarda i prezzi dei bene non energetici.
L’Istituto di Statistica commenta così i dati: “Dopo la brusca accelerazione di ottobre, a novembre 2022 l’inflazione, che rimane a livelli che non si vedevano da marzo 1984 (quando fu +11,9%), è stabile. I prezzi di alcune componenti, che ne avevano sostenuto l’ascesa, tra cui gli energetici non regolamentati e in misura minore gli alimentari non lavorati, rallentano su base annua, mentre quelli di altre componenti continuano ad accelerare, tra cui gli energetici regolamentati e in misura minore gli alimentari lavorati.
Anche i prezzi del ‘carrello della spesa’ accelerano ma di poco. Se nei prossimi mesi continuasse la discesa in corso dei prezzi all’ingrosso del gas e di altre materie prime, il fuoco dell’inflazione, che ha caratterizzato sin qui l’anno in corso, potrebbe iniziare a ritirarsi”.

L’inflazione resta stabile 

Secondo le stime preliminari, a novembre 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’11,8% su base annua (come nel mese precedente). L’inflazione rimane stabile su base tendenziale a causa, principalmente, degli andamenti contrapposti di alcuni aggregati di spesa: da un lato rallentano i prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +79,4% a +69,9%), degli Alimentari non lavorati (da +12,9% a +11,3%) e dei Servizi relativi ai trasporti (da +7,2% a +6,8%); dall’altro accelerano i prezzi degli Energetici regolamentati (da +51,6% a +56,1%), dei Beni alimentari lavorati (da +13,3% a +14,4%), degli Altri beni (da +4,6% a +5,0%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,2% a +5,5%).
L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,3% a +5,7%; quella al netto dei soli beni energetici sale da +5,9% a +6,1%.

L’andamento dei prezzi dei beni

Su base annua, i prezzi dei beni mostrano un lieve rallentamento (da +17,6% a +17,5%), mentre rimangono stabili quelli dei servizi (+3,8%); si ridimensiona, quindi, di poco, il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -13,8 di ottobre a -13,7 punti percentuali). I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano una modesta accelerazione su base tendenziale (da +12,6% a +12,8%); rallentano, al contrario, quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,9% a +8,8%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici regolamentati (+3,0%), degli Energetici non regolamentati (+2,2%), degli Alimentari lavorati (+1,5%) e dei Beni non durevoli (+0,6%); in calo invece, a causa per lo più di fattori stagionali, i prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,4%) e dei Servizi relativi ai trasporti (-0,2%). 

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Prodotti di moda e sulle grandi piattaforme e-commerce: così gli italiani comprano le offerte

Da quando è approdato in Italia, sull’onda del successo americano, l’appuntamento con il Black Friday e il Cyber Monday è diventato un punto fermo per gli italiani. Tanto che aspettano le offerte per effettuare i loro acquisti, anche importanti. Per saperne di più sui comportamenti dei nostri connazionali, Ipsos ha condotto un’interessante indagine per Confesercenti con l’obiettivo di studiarne le intenzioni di acquisto.

Obiettivo regali di Natale

Quest’anno il mese di novembre è stato particolarmente segnato da un periodo di sconti che si è esteso ben oltre la tradizionale settimana del Black Friday. L’indagine Ipsos per Confesercenti rivela che l’86% degli italiani dichiara di aver ricevuto un’offerta promozionale diretta, soprattutto via mail (79%), sms (27%), Whatsapp (18%), o telefono (11%). Ad essere bersagliate sono in particolar modo le donne: l’88% afferma di essere stata raggiunta da un’offerta.
Gli sconti anticipati hanno portato 9,7 milioni di italiani (31% di chi ha ricevuto un’offerta) ad effettuare già un acquisto. La percentuale sale al 33% nelle regioni del Mezzogiorno e rimane sotto al 30% tra i consumatori del Centro-Italia (27%). Circa 12,7 milioni di italiani, invece, hanno deciso di approfittare degli sconti e di fare almeno un acquisto durante la settimana del Black Friday, con un budget medio di circa 261 euro a persona, per un totale di 3,3 miliardi di euro. La somma media è più alta al Nord e nelle regioni del Centro (rispettivamente 282,7 euro e 281,94 euro) rispetto a Sud e Isole (232,22 euro). Per quanto riguarda età e genere, i maggiori spenders sono gli over35 (286,26 euro previsti) e gli uomini (301,81 euro). Il 57% di chi comprerà al Black Friday dichiara di voler utilizzare l’occasione per acquistare già un regalo di Natale. Complessivamente, secondo le stime di Confesercenti, circa 1,9 miliardi di euro di spesa per i regali di Natale sarà ‘anticipata’ alla settimana del Black Friday.

Cosa si compra e dove

In base ai dati raccolti nell’indagine, igli acquisti degli italiani si concentreranno soprattutto sui prodotti moda: il 64% degli intervistati ha intenzione di approfittare degli sconti e di acquistare capi d’abbigliamento, calzature o accessori moda. Seguono elettronica e informatica, che raccolgono il 57% delle intenzioni di acquisto, ed elettrodomestici – dalle tv alle lavatrici – indicati dal 41%, mentre il 32% menziona prodotti per la casa. Infine, una minoranza (9%) è interessata a diversi tipi di prodotti, principalmente giocattoli, libri, oggetti da collezione, cosmetici e altri prodotti di profumeria. E per quanto riguarda il “luogo” dell’acquisto? L’online si conferma il terreno preferito per queste iniziative. Il 64% degli intervistati indica infatti le piattaforme di eCommerce come principale canale per gli acquisti del Black Friday, seguono i portali online delle catene multimarca (43%) e l’acquisto direttamente sul sito web dei produttori (29%). Infine, un ulteriore 40% prevede di acquistare anche presso i punti vendita fisici delle grandi catene e il 19% presso supermercati e ipermercati.

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Identità digitale, Spid per due italiani su tre

Lo Spid, il cosiddetto Sistema Pubblico di Identità Digitale, nel nostro Paese è diventato ormai quasi normalità. Tanto che due italiani su tre ne sono in possesso. A dirlo sono i risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Digital Identity della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Digital Wallet: identity (r)evolution”. Venendo ai numeri, a fine settembre 2022 risultano 32,2 milioni i cittadini in possesso di Spid, con un incremento del 30% rispetto allo stesso periodo del 2021, con rilasci e accessi in continuo aumento. In particolare, esistono delle differenze sia a livello anagrafico sia geografico: tutti i ragazzi della fascia 18-24 anni possiedono SPID, situazione molto diversa tra gli oltre 75 anni dove meno di 1 su 4 ha attivato la propria identità digitale. Anche a livello geografico, ci sono molte differenze: si passa dal record del Lazio, dove il 74% della popolazione ha Spid, seguito da Lombardia (70%) ed Emilia-Romagna, Campania e Piemonte (62%), fino agli ultimi posti di Calabria (54%), Marche (53%) e Molise (con il 52%). In Italia, tuttavia, non esiste solo Spid, ma cresce anche la diffusione della Carta d’Identità Elettronica: 31,3 milioni di cittadini sono in possesso del documento, +29% rispetto a settembre 2021. Questi livelli di diffusione posizionano l’Italia già oltre gli obiettivi definiti nel PNRR per il 2024.

L’European Digital Identity Wallet

A giugno 2021, la bozza di revisione del regolamento eIDAS ha delineato la creazione di un European Digital Identity (Eudi) Wallet. Dovrebbe venire introdotto un nuovo ruolo, quello di Wallet Provider, che potrebbe potenzialmente essere ricoperto tanto da attori tradizionali quanto da nuovi soggetti. Per sperimentare questo nuovo paradigma sono state incentivate iniziative di collaborazione tra i diversi Paesi per lo sviluppo di wallet, utilizzabili in diversi casi d’uso in ambito pubblico e privato. Nella prospettiva della transnazionalità, a febbraio 2022 è stato lanciato un bando da 37 milioni di euro per lo sviluppo di progetti pilota.
“Siamo davanti a un bivio che potrebbe portare ad una rivoluzione del settore – afferma Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Digital Identity -. Se il wallet sarà considerato solo come un nuovo ‘contenitore’ per identità digitali e credenziali esistenti, senza modificare la configurazione attuale del mercato e dell’offerta all’utente, sarà semplicemente un ritocco di quanto siamo già abituati a utilizzare. Se invece davvero si riuscirà a raggiungere l’interoperabilità, abilitando sinergie tra servizi digitali in Stati diversi, allora si assisterà davvero alla rivoluzione dell’identità digitale. L’Italia è chiamata ad affrontare una sfida difficile a fianco di altri paesi europei. Senza una chiara strategia sull’identità digitale, sarà estremamente difficile per le aziende e, più in generale, per l’intero Paese catturare le opportunità generate dal wallet comunitario: è importante lavorare ora per essere davvero parte di questa rivoluzione ed evitare di rimanerne travolti”.

L’identità digitale nelle aziende

La pandemia ha spinto le grandi aziende a offrire modalità di riconoscimento da remoto per garantire continuità di business, ma la visione matura e strategica dell’identità digitale è ancora lontana. L’80% delle grandi aziende nei settori finance, telco e utility consente di avviare e concludere la procedura di riconoscimento in digitale e, nell’80% dei casi in cui è necessaria una verifica dei dati inseriti dall’utente, effettuarla senza doversi recare allo sportello. Le aziende stanno cominciando a integrare modalità di riconoscimento senza password o pin, sostituendole con fattori di possesso, come l’invio via sms o email di un codice OTP (42% dei casi) o app per generare OTP o notifiche push (18%), ma anche fattori biometrici (solo 8% dei casi). Anche negli ambiti con maggiore maturità, però, manca un’adeguata struttura interna che presidi la gestione dell’identità digitale. E il 63% delle aziende in questi settori non ha mai valutato l’integrazione di sistemi certificati a livello nazionale, come Spid e CIE.

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Spazio, sostenibilità, qualità della vita: ecco cosa gli italiani cercano in una casa

Voglia di maggiori spazi, grande attenzione alla sostenibilità economica ed energetica, ricerca di qualità della vita: gli italiani rinsaldano il rapporto che hanno con la loro casa, che diventa ancora più importante nelle loro vite. Ecco, in estrema sintesi, le principali indicazioni che emergono dalla quinta edizione di CasaDoxa 2022, l’Osservatorio nazionale sugli italiani e la casa di BVA Doxa che fotografa i cambiamenti in atto nella società e nelle case degli italiani, intervistando ogni anno un campione rappresentativo di 7.000 famiglie. Per dirlo in una sola frase, anche per quanto riguarda la casa si sta affermando una nuova “progettualità del buon vivere”:

Cosa è cambiato negli ultimi anni

Rispetto alla precedente edizione dell’analisi, salta all’occhio che oggi sono circa 1 milione le famiglie che vorrebbero cambiare abitazione. Perchè? “Tutti i cambiamenti che abbiamo dovuto affrontare – spiega Paola Caniglia, Head of Living & Retail di BVA Doxa – hanno ridisegnato le nostre case, il nostro modo di viverle e, soprattutto, la nostra relazione con esse. La casa ha assunto una forte rilevanza perché diventa il fulcro del nostro nuovo progetto esistenziale. Una diversa attenzione al tempo, al lavoro, al digitale, alla sostenibilità hanno messo in discussione i nostri tradizionali percorsi di vita e ci indica che è in corso un ribaltamento della prospettiva gravitazionale casa-lavoro”. La possibilità di avere una migliore qualità della vita, fatta anche di ampi spazi domestici interni ed esterni, potrebbe essere una delle leve che spinge tanti nostri connazionali a cercare una nuova residenza.

Obiettivo: più spazio vivibile

Quali sono le caratteristiche più importanti che fanno sì che una casa sia quella “perfetta”? Gli italiani cercano più spazi, interni ed esterni con un incremento del 36% che desidera una stanza in più e del 12% che vuole un terrazzo o un giardino, dichiarandosi disponibili ad allontanarsi dal centro, pur di avere più spazio. Il rapporto segnala poi che esiste una maggiore apertura nei confronti di soluzioni innovative per l’approvvigionamento energetico, con 6 persone su 10 che si dicono propense ad aderire ad una comunità energetica nel proprio condominio o nel quartiere, qualora questa si costituisse. Anche La sensibilità ai temi dell’ambiente si traduce sempre più in gesti concreti e quotidiani: il 78% dichiara di spegnere le luci ogni volta che esce da una stanza (+18% rispetto al 2019); il 72% utilizza lavastoviglie e lavatrici solo quando sono a pieno carico (+24%); il 66% sceglie prodotti ad alta efficienza energetica (+21%) e il 57% tiene il riscaldamento al minimo (+34%). Infine, è da mettere in evidenza un dato importante: il 68% degli italiani passa più tempo in casa facendo anche attività che prima non faceva: +33% a pranzo, +36% a cena, +42%, a guardare film e serie tv, +31% a lavorare e +26% a fare fitness e tenersi in forma.